Io non sono disponibile:le donne, il loro corpo,il potere.
Era capitato di nuovo, il corpo le doleva per le botte, la violenza assurda e cieca che ogni volta la lasciava senza energia, priva di qualsiasi forza fisica ed emotiva. Se si chiedeva da cosa era stata scatenata quella crudeltà, non riusciva neanche a trovarla.
Era rannicchiata a terra e non riusciva a muoversi, era al buio, sentiva il sapore del sangue in bocca, si era nuovamente morsa la lingua per non urlare e non farsi sentire dai vicini.
Sentiva un gonfiore doloroso sullo zigomo sinistro, dove era arrivato lo schiaffo, questa volta sarebbe stato difficile coprirlo o almeno attenuarlo col fondotinta, poi aveva un dolore lancinante al basso ventre dove era arrivato il calcio. Doveva comunque farsi forza e alzarsi, lui ormai si era sfogato e se ne era andato via sbattendo la porta. Non fosse più tornato sarebbe stata una liberazione, invece tornava ogni volta, con il capo coperto di cenere, dei fiori in mano ed ogni volta le diceva “ E' colpa tua, lo sai che certe cose non le sopporto, non mi devi rispondere in maniera sgarbata, devi cucinare bene, devi tenere la casa ordinata, devi essere come mia madre, silenziosa ed innamorata ! Sei mia ricordatelo, solo mia!” E lei stupida ogni volta si sentiva inadeguata, incapace di provvedere a se stessa e soprattutto incapace di amare come il suo uomo voleva.
Quando era iniziato tutto? Ancora se lo ricordava. Aveva solo sedici anni e frequentava la quarta liceo scientifico. Amava la scuola, lo studio, i ragazzi non le interessavano molto, aveva amici della sua età e le sembravano solo piccoli ed immaturi. Aveva tanti ammiratori, era davvero carina ma soprattutto aveva delle idee chiare, studiare, diplomarsi e poi frequentare la “Sapienza” a Roma, voleva diventare biologa, amava la natura, il mare, gli animali, il mondo era suo.
Da alcuni giorni si era accorta di un bel giovane che sostava sempre vicino alla scuola, se lo ritrovava al mattino e all'uscita, lì sempre vicino al lampione, la guardava con insistenza, poi andava via. Finchè un giorno la avvicinò “ Ciao sono Giulio posso accompagnarti a casa? Lei si era schermita e aveva fatto un cenno alla sua migliore amica Carla, perchè non la lasciasse da sola con uno sconosciuto. Per fortuna l'avave capita, così si erano avviati tutti e tre alquanto impacciati.
Era cominciata così. Ormai era un'abitudine, lui ad aspettarla tutti i giorni, gentile, discreto, affettuoso, mai volgare, mai insistente e lei, si era innamorata, perdutamente.
Le sembrava di vivere su di una nuvola, lei si meravigliava della sua costanza, era capace di stare anche tutta la mattina appoggiato al muro dinanzi alla scuola inviandole messaggi pieni d'amore che riusciva a leggere soltanto durnte il cambio d'insegnante. Non l'aveva insospettita la sua perseveranza o il fatto che tendeva ad allontanarla dai compagni di scuola, lei praticamente stava sempre e solo con lui.
A casa non sapevano nulla di questo amore, ogni tanto aveva voglia di confidarsi con la madre ma
Giulio l'aveva dissuasa affermando che gli amori clandestini o come lui diceva, rubati, erano il massimo del sentimento..
Avevano deciso che appena avesse compiuto diciotto anni sarebbe andata via con lui.
Questo amore era diventato totalizzante, ora col senno di poi si chiedeva se era amore o solo ossessione.
Le mattinate a scuola si erano trasformate, niente più la interessava, i voti precipitavano e lei viveva per Giulio che era onnipresente nella sua vita. Come aveva fatto a non accorgersi che quel ragazzo era troppo presente, non lavorava, non studiava, era sempre a sua disposizione, come non si era accorta che in realtà controllava tutta la sua giornata con messaggi, telefonate, improvvisate sotto la sua casa?
Erano trascorsi così gli anni con quella illusione di amore e compiuti i diciotto anni, lei era andatta via di casa, lasciando un biglietto alla sua famiglia: Scusatemi, amo Giulio, vado a vivere con lui, niente ha importanza per me se non il suo amore, perdonatemi, se potete, vi amo tanto. La vostra piccola._
E così era iniziata la vita di coppia. Erano andati a vivere a Milano, in un piccolissimo appartamento di periferia a Segrate.
Giulio aveva trovato lavoro come cameriere in un bar di Milano, lavorava tutta la notte. Lei aveva chiesto di poter contribuire alle spese di casa lavorando, ma Giulio con voce suadente aveva ribattuto: “Amore sono io che
devo mantenerti come una regina, tu starai a casa ad aspettarmi e sarà bellissimo, il nostro amore crescerà ancora di più se possibile.”La realtà era diversa, dopo i primi tempi lei non ne poteva più di stare in casa sempre sola o con lui.
Aveva nuovamente azzardato l'ipotesi di un lavoro ma Giulio era stato irremovibile, per la prima volta l'aveva afferrata per il braccio e glielo aveva strattonato violentemente, poi si era come ricomposto e dolcemente l'aveva baciata dicendole”tu sei solo mia, ricordati”
Quella notte quando lui si era allontanato per recarsi al lavoro ,lei aveva pianto e si era chiesta chi era in realtà l'uomo che amava, che aveva deciso di seguire abbandonando gli studi, la sua famiglia, i suoi amici.
I giorni si susseguivano sempre uguali, monotici ma c'era qualcosa che la disturbava, aveva notato che Giulio spesso le prendeva il cellulare e con la scusa di una telefonata controllava i suoi sms.. Quando aveva chiesto delle spiegazioni lui aveva scrollato le spalle e la sua risposta era stat agghiacciante “ Voglio sapere tutto della mia donna, nulla mi può sfuggire”
Da quella volta aveva imparato a cancellare i messaggi che riceveva dai suoi amici, in special modo quelli della sua amica Carla alla quale aveva accennato che non era poi così idilliaca la sua vita di coppia.
Il momento peggiore era stato però quando Giulio, tornando a casa aveva trovato il postino che stava scendendole scale del palazzo dove abitavano.
Aveva iniziato ad urlarle insulti, accusandola di averlo tradito e poi aveva detto”Ti darò una lezione che non scorderai mai più” E aveva iniziato a colpirla con pugni e calci. Lei si era raggomitolata in posizione fetale cercando di resistere ad un certo punto Giulio si era calmato e piangendo aveva iniziato a cullarla, scusandoasi, affermando che era il grande amore che provava per lei che lo faceva ammattire, che non sarebbe accaduto mai più.
Era iniziato così e poi era regolarmente continuato, prima ogni tanto, poi sempre più di frequente, le botte erano incessanti e lei ormai sperava solo di morire per non soffrire più.
Ormai Giulio chiudeva la porta a chiave quando andava via,le aveva sequestrato il cellulare, le impediva di uscire anche per fare la spesa, era una reclusa.
I suoi genitori avevano provato a contattarla ma lei era stata obbligata a mentire affermando che si sarebbero trasferiti a Londra per un importante lavoro di Giulio, di non preoccuparsi perchè era felice e presto si sarebbe fatta sentire.
Non si lavava più, non faceva più nulla in casa,la depressione l'aveva avvolta nelle sue spire, così non soffriva.
Ogni tanto le venivano in mente le parole della sua professoressa di filosofia quando in classe parlava della forza delle donne, dell'appropriazione dei propri diritti. Una risata amara le saliva alla gola, le lacrime le scendevano inutili lungo le guance, e sentiva di non aver la forza di ribellarsi.
Quel giorno si sentiva peggio del solito, si era avvicinata alla finestra e senza aprire le imposte perchè Giulio non voleva, aveva a lungo osservato due bimbi che giocavano sul marciapiede, ad un certo punto il maschietto prepotentemente aveva spintonato la bimba per appropriarsi di un palloncino, la bimba pur barcollando per la spinta, non si era persa d'animo e aveva reagito, riappropriandosi del palloncino e tirando un calcio al compagno.
Quella scena l'aveva fatta riflettere, perchè non reagire, perchè non riappropriarsi della sua vita, aveva solo ventidue anni, doveva farcela!
Aveva trovato un pezzetto di carta in un cassetto e con una penna aveva scritto un messaggio”Aiuto sono prigioniera, liberatemi, abito al terzo piano , interno B,n.35.Fate presto!.
Aveva appallottolato il foglietto e lo aveva lanciato da una fessura della persiana e aveva atteso.
Così era iniziata la sua liberazione e la sua nuova vita.
Quel foglietto di carta prima era caduto sul marciapiede, poi un bimbo lo aveva preso a calci come si fa con un pallone, poi incuriosito lo aveva raccolto e aperto, letto il messaggio era andato dalla madre che non aveva perso tempo nell'avvertire i carabinieri. Lo stesso pomeriggio avevano dovuto abbattere il portoncino di casa per liberarla.Prima era stata condotta in ospedale per un'accurata visita medica che aveva riscontrato anche traumi precedenti e non solo quelli recenti, poi l'avevano condotta in una struttura per l'accoglienza delle donne maltrattate.
Avevano avvertito anche la sua famiglia che dopo tanto tempo era riuscita a rivedere.
Giulio era stato fermato e denunciato per sequestro di persona e maltrattementi.
Lei non voleva più sapere nulla di lui, sapeva che la risalita sarebbe stata difficile, ma ce l'avrebbe fatta, lei non era più disponibile, la sua vita le apparteneva, il suo corpo era solo suo e a nessuno avrebbe più permesso di maltrattarla, colpirla. Avrebbe prima amato se stessa, poi forse, quando le ferita dell'anima si sarebbero rimarginate, anche un uomo degno di questo nome.
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