Il mare in tempesta
Mi porta la tua voce
L'onde che si rincorrono
Schiaffeggiano emozioni
Nel blu tempestoso
Sprofondano i miei pensieri
Nell'attesa di un abbraccio
Che ti riporti a me
martedì 30 agosto 2016
giovedì 25 agosto 2016
Terremoto
Trema la terra
il mio cor la segue
salta d'un palpito.
Le mani sussultan,
s'aggrappan a tutto,
scivola il piede
la terra m'accoglie.
Rialzarmi cerco
ma barcolla il mondo.
Esausta m'arrendo
attendo aiuto.
il mio cor la segue
salta d'un palpito.
Le mani sussultan,
s'aggrappan a tutto,
scivola il piede
la terra m'accoglie.
Rialzarmi cerco
ma barcolla il mondo.
Esausta m'arrendo
attendo aiuto.
giovedì 18 agosto 2016
Buongiorno vita
Buongiorno vita,
bussi ai miei occhi assonnati
richiedendo azione.
Non sempre le membra t'ascoltan,
è spesso solo il cuor che t'asseconda.
A volte vorrei adagiarmi
in quel sonno che mi rincuora
oppur rifugiarmi in anni lontani
laddove il mio amor mi si accostava.
Ma tu vita
non senti ragione
e la fame ,la sete,il bisogno
ancor e ancor
spronan il corpo mio...
m'arrendo,
una prece rivolgo a Dio,
e m'alzo sussurrando:
Buongiorno vita, t'ascolto!
A mia madre
bussi ai miei occhi assonnati
richiedendo azione.
Non sempre le membra t'ascoltan,
è spesso solo il cuor che t'asseconda.
A volte vorrei adagiarmi
in quel sonno che mi rincuora
oppur rifugiarmi in anni lontani
laddove il mio amor mi si accostava.
Ma tu vita
non senti ragione
e la fame ,la sete,il bisogno
ancor e ancor
spronan il corpo mio...
m'arrendo,
una prece rivolgo a Dio,
e m'alzo sussurrando:
Buongiorno vita, t'ascolto!
A mia madre
sabato 13 agosto 2016
le piccole cose
Un sorriso,
un saluto,
uno sguardo,
una carezza,
un semplice "Come stai?"
danno senso alla vita.
Non i grandi gesti,
sono le piccole attenzioni
a darti la misura
di chi accanto ti vive.
Nuccia
un saluto,
uno sguardo,
una carezza,
un semplice "Come stai?"
danno senso alla vita.
Non i grandi gesti,
sono le piccole attenzioni
a darti la misura
di chi accanto ti vive.
Nuccia
lunedì 8 agosto 2016
I Magici cavalieri di Mont
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I Magici
Cavalieri di Mont
Sedeva pensoso, simile a un monaco
buddista, ai piedi dell’Orante nel bosco di Argimusco. La barba
bianca, i capelli fluenti, il volto
assorto, le mani in preghiera, gli occhi chiusi e sembrava ripetere una
litania monocorde, ogni tanto
volgeva il volto al megalite, apriva gli occhi per poi subito dopo
ritornare assorto. Indossava una
veste simile a una tunica, lunga fino ai piedi, fluttuante nella brezza
notturna. La luna lo rischiarava
rendendolo simile a un fantasma ma, erano reali le sue preghiere.
Sembrava talmente immerso nell’
invocazione da non accorgersi neppure di una civetta bianca che,
imperterrita, gli volava sul capo...
o forse lo sapeva benissimo, chissà!
Quella notte, vigilia del solstizio
d’estate, le stelle nel firmamento facevano a gara nel rendersi
splendenti, il cielo era un
luccichio di diamanti e tutto il bosco era soffuso di magia.
A un tratto l’uomo, che a un primo
sguardo era sembrato anziano, si alzò in tutta la sua statura,
lanciò un grido al cielo e un eco
rimbalzò fra gli alberi, i dolmen e gli arbusti.
Con le braccia protese al cielo,
urlò e urlò fino a quando spossato cadde in ginocchio. Il bosco
sembrava in attesa, anche la civetta
era volata via, nessun richiamo notturno si udiva.
Improvvisamente la terra tremò, un
vento stizzoso sferzò l’uomo disteso a terra e una voce
soprannaturale sussurrò: “Agisci
Ectam prima che sia troppo tardi. Ricorda, sei il capo dei Magici
Cavalieri di Mont! Domani all’alba
cerca, cerca, e troverai le risposte alle tue domande!”.
Quando la natura sembrò nuovamente
assopirsi, l’uomo lentamente si alzò, la lunga veste si
dissolse a poco a poco, così come il
bastone nodoso che aveva accanto. Osservò ancora una volta
l’Orante. S’inginocchiò come stesse
pregando poi si rialzò e iniziò la discesa verso il paese.
Percorreva al buio quei sentieri,
consapevole di conoscerne ogni angolo, ogni arbusto, ogni piccolo
cespuglio e nel frattempo il cuore
gli batteva a mille, conscio della gravità della situazione. Non
aveva mai
sentito dire che l’Orante parlava agli umani, c’era davvero un pericolo
imminente?
Avrebbe dovuto richiamare gli
antichi spiriti perché lo aiutassero nell’impresa? Bisognava riunire
tutti i Magici Cavalieri di Mont
perché l’umanità era minacciata? Ma chi erano i Cavalieri?
Ripensò alle visioni ricorrenti
dell’ultimo periodo ... ovunque fosse, si sentiva spiato, percepiva degli
esseri che lo seguivano. La notte
gli incubi erano frequenti: vedeva gli antichi dolmen del bosco di
Argimusco sgretolarsi e diventare
polvere. Meteoriti colpivano il paese e nessuno si salvava ... e quel
richiamo” Ectam vieni, corri,
aiuta....”.
Aveva avvertito pressante quel
bisogno intenso di recarsi nel bosco e pregare. Era la prima volta che
gli accadeva e strano come lui
avesse trovato le parole per le invocazioni, la tunica che si
materializzava dal nulla, il bastone
tra le mani ... tutto come se fosse stato predisposto da tempo.
Aveva relegato in un angolo della
memoria ciò che il padre, sul letto di morte, gli aveva detto
“Ricordati figlio. Il tuo nome è
Ectam, significa servo dell’Orante. Sei discendente di una nobile e
magica stirpe che deve difendere il
Bosco Sacro: i Magici Cavalieri di Mont. Quando sentirai la
chiamata vai e difendi fino alla
morte!” Poi era spirato. Non aveva compreso appieno il messaggio,
anzi lo aveva dimenticato pensando
che forse la malattia aveva velato la ragione del padre ... ora gli
era tutto chiaro.
Camminando rimuginava sul fatto che
non sapeva cosa esattamente fare, doveva chiedere aiuto ma
a chi, senza rischiare di essere
tacciato per folle. Era tutto così strano, quando era sul monte, i
capelli erano bianchi, lunghi
incolti e aveva una fluente barba, adesso toccandosi il volto, era
scomparsa così come i capelli erano
tornati normali, era di nuovo il giovane dottor Luigi, il
veterinario di Montalbano Elicona.
L’indomani
mattina sarebbe andato in biblioteca, avrebbe cercato qualche testimonianza sui
Magici
Cavalieri di Mont e poi si sarebbe
recato al Castello, il vecchio custode avrebbe sicuramente saputo
qualcosa, inoltre aveva visto molte
volte il proprio padre confabulare con lui.
La notte, ormai ne era consapevole,
non sarebbe stata tranquilla. Perso nei propri pensieri,
raggiunse casa e, facendo attenzione
a non far rumore, si spogliò e si coricò. Gli incubi gli fecero
compagnia e l’alba lo trovò stanco e
col volto segnato.
Si alzò dal letto, cercando di non
svegliare la moglie Daniela. In punta di piedi andò prima in bagno e poi si
sedette in cucina e preparò un espresso. Compiva i soliti gesti mattutini ma,
tutto era
cambiato. Non poteva permettersi di
dimenticare quanto aveva vissuto sull’Argimusco. Decise che
quella mattina avrebbe impiegato il
proprio tempo per risolvere l’enigma che lo tormentava. Non
sarebbe andato al lavoro, si sarebbe
fatto sostituire all’ambulatorio veterinario dal suo amico
Andrea. Avrebbe stilato una serie di
cose da fare. Prese il portatile, lo aprì e digitò:
1 Biblioteca,
2 Castello,
3 Parlare con Don Salvatore,
4 Scoprire chi sono i Magici
Cavalieri di Mont.
5. Parlare con Don Nicola.
Sentì un rumore alle spalle “Sei
tornato tardi stanotte ... mi sei sembrato agitato.” Era Daniela, ma
come poteva confidarle ciò che stava
vivendo senza traumatizzarla.
“Una mucca ha partorito, non è stato
facile. Poi sai, la tensione e non ho riposato bene ....”
“Sarà ... ma non ne sono convinta!”
Fino alle
nove Luigi freneticamente consultò al computer tutte le leggende e le storie
che
ruotavano intorno ai megaliti,
insoddisfatto dalle notizie raccolte, uscì da casa ...
L’aria era frizzantina, nonostante
fosse estate, andando a piedi per il borgo, avvertiva sempre una
presenza estranea che lo seguiva, si
voltò più volte ma solo un corvo sembrava scortarlo e
osservarlo. Giunto alla Biblioteca
Comunale entrò e nell’archivio finalmente trovò ciò che cercava:
“Storia dei Magici Cavalieri di
Mont”
Era elettrizzato.
Chiese a Lucia, la bibliotecaria, di
poterlo consultare.
”Mi dispiace Luigi, non è
reperibile. E’ andato perduto. Sai cosa è strano, me l’hanno richiesto
diverse persone, in quest’ultimo
periodo, anche alcuni turisti. Pensa che per anni nessuno l’ha mai
voluto. Come mai tanto interesse?”
“Forse è la passione per
l’esoterico, chissà.”Rispose Luigi. Uscì dalla biblioteca con una certezza in
più, non era solo, i Cavalieri
stavano per ritrovarsi, altri come lui chiedevano risposte. Si diresse al
Castello. Era per lui un’emozione
intensa andarvi, era come se sulla pelle ne rivivesse la storia, le
guerre. Per fortuna don Salvatore,
il custode, era appoggiato al muro di cinta del maniero, sembrava
in attesa. Era anziano e, nonostante
tutto, continuava a essere un baluardo di quell’importante sito
storico. “Ciao Luigi, ti aspettavo-
e sussurrando- anche gli altri. Seguimi ! ” Le sue parole lo scossero
nel profondo dell’anima, allora era
vero, stava accadendo qualcosa di straordinario! Superato il
bastione, Luigi ammirò, come fosse
la prima volta, la quattrocentesca scala esterna e appoggiata
alla parete interna, la cappella
palatina a pianta quadrata con la cupola ottagonale. Si avviarono
verso l’ala occidentale,
attraversarono il salone auditorium fino a giungere al Museo della Armi. Lo
percorsero in tutta la sua lunghezza
e giunti alla parete opposta all’ingresso, il guardiano,
guardandosi in giro con circospezione,
notando che non vi era nessuno, toccò e poi ruotò una pietra
posta dietro
ad uno stemma araldico. Si aprì silenziosamente un varco stretto e buio, con
una scala
in pietra che sembrava condurre
versi gli inferi. “Entra Luigi, presto. Non avere paura, gli altri ti
stanno aspettando. Ora richiudo il
varco, quando sarà il momento, uscirai. Le torce lungo la parete ti
faranno luce, t’indicheranno la via.
Vai tranquillo e aiutaci!” Improvvisamente il muro alle spalle di
Luigi si richiuse e solo la luce
fioca di alcune torce sembravano invitarlo a scendere. Lungo la
schiena, l’uomo avvertì rivoli di
sudore scorrere gelidi, ma non gli restava altro da fare che
percorrere la scala. Si accorse che
lungo la discesa i propri capelli si allungavano, così come la barba,
era in atto la stessa trasformazione
avvenuta nel bosco, anche gli abiti cambiavano, adesso aveva
indosso la tunica fluttuante così
come il bastone nodoso tra le mani simile a uno scettro. Si chiese
perplesso come poteva avvenire una
simile magia.
Dopo numerosi gradini, sembrava
fosse sceso di parecchi metri sotto il pavimento della sala delle
armi, la luce si fece più intensa e
una litania, simile a un salmo, lo accolse “Ectam sei il benvenuto!”
sembrava che la frase fosse ripetuta
all’infinito. Ectam avanzò in una luce accecante, che non gli
permetteva di vedere i volti degli
astanti, quando una mano rugosa lo prese per il gomito e lo
condusse verso un podio, gli indicò
uno scranno simile a un trono e lo fece sedere. Solo allora le voci
si spensero, la luce venne attenuata
e Luigi poté guardarsi attorno. Si trovava in una sala molto
ampia e spoglia, le pareti e il
soffitto sembravano scavati nella roccia. Guardò tutti i convenuti,
erano volti sconosciuti, forse
perché, come lui, avevano delle vesti simili a tuniche, i capelli bianchi e
folte barbe. Vi erano anche delle
donne, le riconobbe dai capelli più lunghi e dorati, proprio come
l’oro. Si fece avanti un omino
piccolo piccolo, sembrava un bambino ma parlò con voce profonda e
roca “Salute a te Ectam. Sono
Barmon, ai tuoi voleri m’inchino. Questa è la prima volta che ci
incontri. Proveniamo da tutte le
parti del Pianeta. Siamo riuniti in questa ala segreta del Castello
perché un grave e imminente pericolo
sta per colpirci. Tutta l’umanità potrebbe perire!”
“Ma perché IO sono seduto su questo
trono? Perché proprio IO?” gridò Ectam.
“Tu sei il
discendente diretto del nostro amato Grande Sacerdote, tuo padre. Solo tu hai
il potere di
aiutarci. Domani sarà il Solstizio
d’estate, alle 11,30 ci ritroveremo tutti presso il Bosco di
Argimusco, i Pianeti saranno
allineati e quando il Sole raggiungerà lo zenit lancerai al cielo le tue
invocazioni presso “Il Varco del
Leone”. L'asse del monumento è orientato astronomicamente, noi
pregheremo ai piedi del “Sacerdote”,
potremo assistere a un evento straordinario che solo le tue
invocazioni permetteranno.” “Ma non
conosco nessuna invocazione!” Gemette Luigi. “Oh Ectam
non temere, tuo padre ti ha
trasmesso il suo immenso sapere e potere quando eri molto piccolo,
tutto ti tornerà in mente. Dobbiamo
distruggere un enorme meteorite che staccatosi dalle Pleiadi
sta per colpire la Terra, e tu lo
puoi!” “Ma nessun telegiornale ha parlato di questo pericolo.
Nessuna notizia!” “Oh Ectam, i
potenti della Terra sono da mesi riuniti per capire cosa fare. Non
possono lanciare missili, anche a
testata nucleare, se prima il meteorite non si trova a una distanza
ragionevole per essere colpito.
Dobbiamo agire prima noi, se non vogliamo che il nostro pianeta
venga distrutto definitivamente.” Si
udì una voce armoniosa , era lieve e nello stesso tempo potente
“Oh Ectam, abbiamo fiducia in te.
Devi credere in quello che ti ha detto Barmon!” Una figura snella
e quasi luminescente si era fatta
avanti. Ectam la guardava sbalordito, era simile a una fata,
sembrava fluttuare sul pavimento.
“Voglio credervi. Devo credervi!” Disse Ectam nascondendo il
volto tra le mani. Tutto gli
sembrava così assurdo, lui salvatore della Terra... Rivide con la memoria
suo padre, umile, amorevole,
attento, sempre pronto ad aiutare i paesani, eppure era un Gran
sacerdote. Non lo avrebbe deluso,
non avrebbe mortificato la sua memoria. Si sentì
improvvisamente stanco, chiuse gli
occhi e avvertì una nube che lo avvolse e lo trasportò altrove. Si
sentiva intontito, privo di forze e
... si ritrovò fuori dal Castello, gli abiti normali, nessuna barba.
Forse aveva sognato tutto, si era
estraniato dal contesto, forse era ammalato. Decise di tornare a
casa, le gambe quasi non lo
reggevano e sbandava tra le viuzze del borgo di Montalbano.
Un’inquietudine nel cuore.
Improvvisamente si fermò e cambiò direzione volgendo i propri passi
verso il
cimitero. Sperava che sulla tomba del padre avrebbe trovato serenità e
risposte. Percorse in
trance la strada che lo conduceva al
cimitero, non riusciva neppure a vedere la bellezza che la
natura gli mostrava, era troppo
immerso in un profondo scoramento, come un mantra si ripeteva
incredulo “il destino della Terra
nelle mie mani!” Gli sembrava un fardello enorme da sopportare.
Giunto dinanzi alla lapide del padre
s’inginocchiò, iniziò a parlare al volto sereno che lo fissava dalla
foto “Papà aiutami, dimmi cosa fare,
indicami la strada!”
Inutile, solo il canto di un
passerotto interrompeva la quiete di quel luogo santo. Si alzò sconsolato,
con il cuore in tumulto si allontanò
dal cimitero. Dove avrebbe potuto trovare le risposte? Aveva
bisogno di confidarsi con qualcuno.
Gli venne in mente che doveva incontrare, don Nicola Mintegna,
l’uomo più anziano del paese, quasi
centenario. Viveva proprio vicino alla Chiesa Madre, magari
conosceva l’origine dei Magici
Cavalieri di Mont. Era stato grande amico del padre, poteva sapere
qualcosa. Con una nuova speranza nel
cuore, si avviò verso la piazza principale di Montalbano, salì i
gradini e si diresse verso la
casetta che sorgeva sul sagrato, un tempo del sacrestano, proprio
accanto alla chiesa. Bussò alla
porta ”Signor Nicola, è in casa, posso entrare?” Dovette attendere
molti minuti prima che la porta si
aprisse. “Buongiorno Luigi, entra. Accomodati.” “Come sta?”
“Insomma l’età c’è, ed è pure bella
tosta, ma tu perché sei qui?” “Signor Nicola cosa sa dei Magici
Cavalieri di Mont? E’ importante per
me ...”
“Finalmente Luigi, sapessi quanto ti
ho aspettato. Tuo padre era il Gran Sacerdote e ci ha protetti
durante tutta la sua vita. Tu ne sei
il discendente. Il custode del Castello, don Salvatore mi ha detto
tutto. Tu vai tranquillo, domani
sull’Argimusco accadrà ciò che deve accadere. Tuo padre ti ha
tramandato formule e magie. No, non
m’interrompere, so che non ricordi nulla, ma vedrai che al
momento giusto tutta la tua
conoscenza ti aiuterà. Aspetta un attimo, ho qualcosa per te.” Si alzò
faticosamente dalla sedia, andò
nella stanza accanto e tornò con un libro tra le mani. “Questo me
l’ha dato tuo padre, adesso ti
servirà. Oggi portalo all’Argimusco con te. Ti sarà d’aiuto. Ma stai
attento, forze malefiche cercheranno
di prendertelo. Abbine cura. Ora vai a casa, io sono stanco. Il
mio tempo è quasi finito.” Luigi
prese il libro,abbracciò don Nicola con tenerezza, come se fosse il
loro ultimo incontro e di corsa si
diresse a casa. Era già pomeriggio inoltrato domani alle 11,30
sarebbe scoccata l’ora X.
Camminava con il libro stretto al
petto, come un oggetto prezioso, quando il corvo, che fin dalla
mattina lo aveva seguito, si gettò
su di lui cercando di strapparglielo dalle mani. Gli graffio le dita e
nonostante Luigi cercasse di
allontanarlo con forza, quel piccolo uccello dimostrava una potenza
inesauribile. L’uomo correndo ed
agitando le braccia, si rifugiò nel bar della piazza, per fortuna
aperto, chiudendosi la porta alle
spalle, mentre il corvo si lanciava contro il vetro della stessa. “Luigi
ma che gli hai rubato?” Disse
ridendo Carmine il barista "Vuoi il solito caffè e un bel bastone per
allontanarlo?”
“Si grazie, tutti e due.” Rispose
Luigi ancora incredulo per l’aggressione. Era proprio vero, delle forze
oscure si stavano impadronendo della
zona. “Carmine esco dalla porta sul retro. Quel dannato
corvo mi fa paura!” Come un
cospiratore, riuscì a raggiungere casa. Per fortuna Daniela non era
ancora rientrata. Prese la propria
borsa e si recò all’ambulatorio, il lavoro gli avrebbe permesso di
rasserenarsi e non pensare troppo
all’evento dell’indomani.
Trascorse così il resto della
giornata, curando gli amati animali. La sera tornò a casa. Daniela lo
accolse preoccupata “Luigi dimmi
cosa ti tormenta. Hai delle occhiaie così profonde, forse ti stai
ammalando? Sei strano, la notte non
dormi, ti rivolti nel letto e ripeti sempre una parola:
Argimusco...” Terminò la donna.
Luigi la prese tra le braccia e cercò di rassicurarla con un bacio. Nel cuore
però aveva una grande incertezza e molta paura.
La notte passò come le precedenti
tra incubi e risvegli. Decise quindi di alzarsi dal letto e di leggere
il libro che gli aveva donato don
Nicola.
Narrava la storia del bosco di
Argimusco, dei dolmen, della loro origine, ma nessun accenno ai
Magici Cavalieri di Mont. Trascorse
così il resto della notte, tra una lettura e un dormiveglia agitato.
Al mattino, Daniela era già andata al
lavoro, si preparò per l’impresa che lo aspettava, il libro lo
nascose nella zaino che avrebbe
portato con sé. Alle 10:30 si avviò con l’auto.
Superato l’abitato di Montalbano,
proseguì in direzione di Tripi, fino al bivio che si trovava poco
oltre Portella Cerasa, quindi
imboccò Contrada dell’Argimusco, procedendo sino all’ingresso del
bosco.
Parcheggiata la macchina s’incamminò
a piedi verso il Varco dei Leone. Come la volta precedente,
iniziò la trasformazione, barba
fluente, capelli lunghi e bianchi, tunica... Dal sentiero poteva vedere
a ovest la roccia del Babbuino e
appena superatola volse lo sguardo indietro dove si poteva
scorgere il Sacerdote. Altre figure
umane erano raccolte intorno alla roccia. Più avanti poteva
scorgere l’Aquila. Si fermò proprio
sull’area rocciosa che da lontano era simile alla grande criniera
di un leone. Alzò le braccia al
cielo, in una mano brandiva il bastone nodoso, nell’altra il libro.
Improvvisamente il cielo si oscurò e
uno stormo di corvi enormi si abbatté su Ectam. Lui sembrava
non percepire nulla, un vortice di
vento lo avvolse scacciando i neri animali che caddero a terra
stecchiti. Dalla gola di Ectam uscì
una nenia, non sembrava umana, ma una lingua sconosciuta dove
sonorità gutturali s’intrecciavano
ad altre acute. Nel frattempo figure informi si abbattevano sui
Magici Cavalieri di Mont, riuniti
intorno all’Orante. Furono liberati da un urlo disumano lanciato da
Ectam.
Nonostante fossero le dodici,le
tenebre avevano oscurato tutto. Un enorme meteorite attraversava
a una velocità impressionante
l’atmosfera. Era gigantesco, sembrava invaso da esseri pulsanti, il
suono che produceva, amplificato al
massimo, stordiva ed ipnotizzava.
Ectam a occhi chiusi, rivolse il
volto alterato verso il cielo, le mascelle spalancate in un orrido
ghigno, il cuore sembrava uscirgli
dal petto, se ne vedevano i battiti sotto la tunica, le mani come
artigli che stracciavano l’aria.
Ormai il meteorite era vicinissimo, se ne vedevano nettamente i
contorni infuocati, l’aria era
irrespirabile. I Magici Cavalieri di Mont si tenevano per mano
pregando, i dolmen sinistramente
illuminati acquistavano vita piegandosi verso l’inevitabile.
L’urlo di Ectam fu devastante, una
sola parola gridò, lanciando il libro verso il cielo. Una saetta
infuocata si sprigionò dalle pagine,
bloccando la corsa del meteorite facendolo ruotare
vorticosamente e frantumandolo in
parti piccolissime che caddero sull’Argimusco. Poi fu silenzio,
l’aria immota, la cappa oscura
lentamente si dileguò risucchiata dall’Orante. Il cielo tornò azzurro, il
sole riprese a splendere illuminando
Ectam, svenuto sul suolo.
Quando Luigi riprese i sensi, si
ritrovò nella propria auto, con il volto appoggiato allo sterzo.
Si sentiva intontito, guardò
l’orologio, erano le quindici. “E il solstizio, il meteorite, i Cavalieri?” Si
chiese angosciato.
Scese dall’auto, guardò il cielo
sereno, i dolmen in lontananza perfettamente visibili. Rientrò
nell’abitacolo, prese lo zainetto
alla ricerca del libro donatogli da Don Nicola. Lo trovò, aveva un
odore strano, in alcuni angoli era
bruciacchiato. Si sentiva frastornato e con una strana stanchezza
addosso. Accese l’autoradio.
“ Edizione straordinaria, meteorite
si autodistrugge prima di piombare sulla Terra.”
Allora era avvenuto davvero.
“Missione compiuta” urlò felice
Luigi e con un sorriso avviò l’auto.
Immagine tratta dal web
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