Scriverti vorrei
ora che più non sei.
Lo so, sembra stupido.
I sentimenti si comunicano
a fior di labbra o urlando,
inutile proferirli dopo,
quando gli orecchi
non odon più
cose terrene.
Eppure, forse m'ascolti
e allor grido:
Mi manchi papà,
anche se son grande
e a sorreggerti, oggi,
sarei stata io.
Della tua assenza vivo la voce,
la camminata,
il tuo stringermi a te.
A ben pensarci,
anche dei tuoi rimbrotti
sento il bisogno...
Papà ,avverto il tuo abbandono,
orfana come ieri,
ancor oggi vivo questa condizione,
Sorrido, scherzo, preparo...
e il tutto mi sfiora.
Tu che mi conoscevi bene,
guardandomi negli occhi
avresti visto lacrime inaffiorate,
dolore silenzioso,
rimpianto senza fine.
Ciao papà
oggi ti scrivo
e so perchè,
io t'amo!
Nuccia
Foto dal web
sabato 15 aprile 2017
giovedì 13 aprile 2017
La Santa Pasqua…ieri
Non voglio essere antica o
prolissa ma, il sapore della Pasqua di quando ero bambina era “un’altra cosa”.
A parte il fatto di sentirla
proprio dal punto di vista religioso, l’attesa della Resurrezione era davvero
una rinascita per tutti.
Ricordo che a partire dal Giovedì Santo mia madre e le mie nonne
oscuravano, con un telo, gli specchi di casa (non che ve ne fossero poi così
tanti), ma davvero non ci specchiavamo fino al giorno di Pasqua. Dal Venerdì
Santo poi, televisione e radio non trasmettevano canzoni o spettacoli leggeri. Il
lutto era per tutti. La tristezza la
toccavi con mano, nessuno cantava, se per caso un motivetto ti scattava all’improvviso
a fior di labbra, il sentimento di colpa era tangibile. Già la settimana prima
avevamo preparato i sepolcri, ovvero mettere al buio semi di vario tipo, io utilizzavo il grano e le lenticchie. Li
posizionavamo in recipienti bassi di ceramica, con uno strato di cotone
idrofilo imbevuto d’acqua e dopo li mettevamo sotto il letto. Dovevano stare al
buio. Ogni tanto aggiungevamo acqua e sbirciavamo la crescita. Il Giovedì Santo
portavamo questi recipienti in chiesa per allestire il Santo Sepolcro. Chi
aveva qualche soldo in più, li decorava anche con i fiori. Anche il cibo, nei tre giorni prima di Pasqua, era parco. Si
partecipava davvero a questo grande mistero religioso. La nonna preparava le famose “cuddrure”, ciambelle con
le uova sode. Venivano anche regalate ai
vicini di casa e ai parenti. Il profumo era intenso ed invitante ma venivano
rigorosamente consumate solo il giorno
di Pasqua, quando le famiglie, dopo aver partecipato alla Santa Messa, con il vestito
della festa, magari sempre lo stesso, si riunivano per solennizzare un giorno
così importante. Uova di cioccolata solo per le famiglie più abbienti ma non importava, era davvero una festività per
tutti ,con gli specchi finalmente scoperti,
le radio che trasmettevano canzoni e la TV con le trasmissioni consuete.
Non so se rimpiango le feste di una volta, sicuramente meno
consumismo , tanto affetto e condivisione.
A ben pensarci sì,soppesando la società odierna con i pro e
contro, mi manca un popolo senza
rapporti virtuali e like di sconosciuti.
mercoledì 12 aprile 2017
Ritrovarsi
Abbracciarsi ancora e ancora,
guardarsi negli occhi
e senza parlarsi
raccontare le ore,i giorni,
le assenze, i desideri,
le gioie, i dolori...
Stringersi le mani
accostare volti
per sospirare sulle labbra
l'amore condiviso.
Nuccia
foto dal web |
IL DIPINTO
Camminava per le strade silenziose del paese, le percorreva con i sensi tesi,
avvertiva il male tra quelle mura, lo respirava, ma doveva assolutamente
combatterlo. “Vivo per combattere il male, non per farne parte!” doveva sempre
rammentarlo. Ma quanto era difficile restarne fuori! Com’era iniziato tutto
questo? Perché?
Tre mesi prima…Francesco,
giovane prete, era stato destinato alla parrocchia di Milazzo “Casa della Pietà”,
piccola chiesa ubicata in una frazione. Lui vi si era recato con gioia, credeva
fermamente nella propria missione e quindi vi avrebbe elargito tutte le proprie
energie. Precedentemente il Vescovo lo aveva chiamato per un’udienza privata…:<Caro
Francesco, la missione che ti affido è davvero difficile. Da alcuni anni, nella
parrocchia della “Casa della Pietà”, accadono eventi strani. L’ultimo parroco è
morto qualche mese fa. I carabinieri e il medico legale parlano, nel referto, d’infarto
ma, ti assicuro, Don Pietro aveva solo trentadue anni, era forte, sano, giocava
a pallone con i ragazzi dell’oratorio. In un ulteriore sopralluogo nella
canonica, il sacrestano ha ritrovato un biglietto, era nascosto in un mobiletto
dentro un cassetto, arrotolato in un calzino, riportava queste parole “Signore
aiutami, ho paura. Il male verrà!” Non ho detto nulla agli inquirenti, non voglio
sporcare la memoria di un prete che con abnegazione ha servito Gesù. Tu sei
giovane, forte, ti conosco da sempre, la tua fede è potente. Ti prego, fai
chiarezza ma, se avverti di essere in pericolo, allontanati. Questo me lo devi
promettere!> Aveva terminato il prelato benedicendolo. Francesco aveva
accettato ed era partito alla volta di Milazzo. La chiesetta era davvero
suggestiva anche se piccola. Un’unica navata con un altare centrale marmoreo e
un bellissimo affresco della Beata Vergine del ‘300 d’ignoto autore. I banchi di
legno erano disposti su due file, quattro piccoli altari laterali, due per
parete, inneggiavano ciascuno alla Natività, alla Croce, San Giovanni e per ultimo
un affresco sul “Giudizio Universale” ma, per un’interpretazione personale
dell’ anonimo artista, il dipinto appariva capovolto come in un gioco di
specchi. Questo aveva incuriosito Francesco e si era ripromesso da fare
indagini sul web. Appena giunto alla canonica, aveva conosciuto il sacrestano,
un uomo tarchiato, dall’apparente età di settant’anni che, con dedizione, aveva
trascorso gran parte della vita nella cura della parrocchia. Sotto di lui si
erano avvicendati almeno dodici preti che si erano allontanati più o meno
volontariamente. Francesco si era subito affidato a lui che, con solerzia lo
aveva ragguagliato sul numero dei parrocchiani, sulla situazione economica e sulle
varie abitudini religiose acquisite dai fedeli.Il giovane prete si era dato
subito da fare. Aveva preparato la chiesa e, solo a tre giorni dal proprio
insediamento,era pronto per la prima messa e grande era stato lo stupore quando
alla funzione non si era presentato nessuno. Chiesto il motivo al sacrestano,
quest’ultimo aveva alzato le spalle dicendo <Don Pietro è morto da poco, i
parrocchiani devono ancora prendere atto del cambiamento.> Francesco aveva
allora deciso di bussare casa per casa e fare conoscenza con gli abitanti. Grande
lo sconforto quando nessuno lo accolse, nessun portone si aprì. Tutti avevano
paura, ma di cosa? Di chi? Ancora una volta decise di chiedere spiegazioni al
sacrestano.<Don Francesco, deve capire che in questa chiesa le cose non sono
come appaiono.> Prendendo un libricino dalla tasca continuò < Legga
queste pagine, le ha scritte Don Luciano nel 1932. Forse comprenderà. > Così
dicendo era andato via, lasciandogli fra le mani quel quadernetto di poche
pagine. Ed era iniziato l’incubo…Francesco era nella propria camera e leggeva.<Mi
chiamo Luciano, Don Luciano, sono il parroco di questa chiesetta … tu che stai
leggendo,stai attento non è ciò che sembra. Il male è tra le sue mura, è nell’
affresco del Giudizio. Hai visto che è capovolto, ha un significato ben preciso…non
è la casa di Cristo questa, ma quella del male. Non soffermarti davanti al
dipinto, ti rapisce, ottenebra la tua mente, soggioga, cambia di volta in
volta. I penitenti prima ridono e poi piangono, i loro occhi sono chiusi e poi aperti
sull’abisso. Gesù prima è a destra poi a sinistra, cambia fattezze e posizione.
Maria alcuni giorni scompare per poi ricomparire improvvisamente accanto al
Figlio. Non guardarlo a lungo! Non farlo! Non potresti tornare indietro. Io sono
stato debole. Ho fallito, volevo sapere, ora so e sarà la mia fine. Che il
Signore ti protegga.>Firmato Don Luciano. Francesco si fece il segno della
Croce, sembravano le parole di un folle, si guardò intorno, le ombre della notte
si allungavano sempre più, gli sembrava di udire dei lamenti, ma forse era solo
il vento che scuoteva i rami degli alberi. S’inginocchiò e iniziò a pregare.
Gli occhi chiusi, le mani giunte, completamente rapito nella preghiera, non si
accorse di un volto emaciato che lo scrutava da dietro i vetri della finestra.
Avvertì un movimento nella stanza, si alzò, accese la lampada che iniziò a
oscillare dal soffitto, ebbe improvvisamente paura, decise di entrare nella
chiesetta. Aprì l’antico portone e all’interno, grande fu lo stupore, quando
vide il sacrestano che lucidava i candelabri di ottone . Costui si bloccò.
<Padre buonasera, faccio le pulizie quando posso. Adesso vado!> Rimasto
solo, si avvicinò al dipinto del Giudizio. Con le ombre della sera era
inquietante. Prese dalla tasca il cellulare e iniziò a fotografare, la
tecnologia moderna lo avrebbe aiutato a comprendere se effettivamente l’affresco
mutava. Terminato, chiuse la chiesa e tornò nell’appartamentino adiacente. Non
fu una notte serena, gli incubi si rincorrevano e protagonista sempre il
dipinto. Ormai le parole di Don Luciano erano la costante dei propri pensieri.
Alla luce del nuovo giorno osservò attentamente le foto scattate, non notò
nulla di anormale. Si lavò, si vestì e si recò in chiesa. Sembrava tutto in
ordine, si avvicinò alla parete “incriminata”. La guardò attentamente,
improvvisamente lo allarmò una piccolissima scritta _MORS ME SEQUITUR, FUGIT
VITA_ era sicuro, ieri non c’era. Osservò i volti affrescati, Cristo, i
penitenti, tutto gli sembrava regolare, ma quelle parole… Prese il cellulare ed
esaminò le foto. Quella scritta ieri non c’era o forse non vi aveva prestato
attenzione. Ricominciò a fotografare. I giorni passarono ma ormai Don Francesco
era vittima di quell’incubo. Anche lui era cambiato, del giovane prete pieno di
fede non vi era traccia…Il volto scavato, lo sguardo febbrile, tutto ruotava
intorno a quel dipinto. Era andato dal fotografo, suo amico, scaricato le foto,
le aveva fatte sviluppare e adesso le pareti della sua stanza ne erano
tappezzate. Passava il giorno osservandole, cercando le differenze, le
mutazioni. Ormai non viveva più se non nell’attesa di dimostrare che il
colpevole delle morti o delle improvvise partenze dei preti era da ricercarsi
nell’affresco. Aveva annotato tutti i cambiamenti, dai colori che mutavano, agli
atteggiamenti dei penitenti, in particolare le braccia di Cristo che adesso
sembravano chiamare a sé i peccatori e condannare i beati. Non pensava più alle
funzioni religiose, ai parrocchiani, non aveva più neppure risposto alle
telefonate del Vescovo. Lui ormai aveva un chiodo fisso, avrebbe risolto il
mistero e lo avrebbe divulgato. La parrocchia sarebbe rinata a nuovo culto, lui
sarebbe diventato famoso, ricco e ricordato come “il sacerdote che aveva
risolto l’ enigma”. Il tempo scorreva e un Don Francesco trasandato, spesso
sporco, stava chiuso anche interi giorni nella chiesetta a scattare foto e fare
comparazioni. Il sacrestano lo osservava da lontano senza mai intervenire…
Adesso il giovane prete correva senza sapere
dove. Ricordava le parole di Don Luciano: “scappa…scappa…quel dipinto …cambia
volto…scappa!” Senza meta, l’unico desiderio andare via. Solo poche ore prima
il dipinto recava un messaggio MORS SIMILI EST SOMNO, aveva capito, ora toccava
a lui. Si ritrovò alla stazione, comprò un biglietto alla volta di Messina,
sarebbe andato dal Vescovo, doveva sapere. Attese il treno, salì. Raggiunse la
città, scese dal convoglio e ricominciò a correre, si sentiva soffocare. Privo
di forze cadde, si rialzò, e ancora ancora…. Un’auto gli si avvicinò. Una
portiera si aprì, dall’interno gli sembrò di udire la voce del sacrestano.Non
riusciva a distinguere bene il volto nell’oscurità.<Ti avevo avvertito>
Improvvisamente la verità balzò agli occhi di Francesco, quella non era una
chiesa dedita al culto Sacro, fu il suo ultimo pensiero. L’indomani una notizia
campeggiava sul Giornale di Sicilia” Trovato morto, forse per un malore, il giovane
parroco della chiesa “Casa della Pietà” di Milazzo…
Nuccia Isgrò
Immagine dal web
domenica 9 aprile 2017
E l'alba
E l'alba ti appare
agli occhi assonnati,
meraviglia coglie.
L'aria immota,
solo refolo di brezza
spettina le fronde.
Soffusa di roseo colore
natura ammanta.
Della natura avverti magnificenza,
improvviso senti d'esser inerme,
lo smarrimento assale
poi...
volgi gli occhi al cielo
e ritrovi Dio.
Nuccia
Foto dal web
agli occhi assonnati,
meraviglia coglie.
L'aria immota,
solo refolo di brezza
spettina le fronde.
Soffusa di roseo colore
natura ammanta.
Della natura avverti magnificenza,
improvviso senti d'esser inerme,
lo smarrimento assale
poi...
volgi gli occhi al cielo
e ritrovi Dio.
Nuccia
Foto dal web
domenica 2 aprile 2017
Strana la vita
Quando il dolore arrivò
percosse la mente, il cuore,
le gambe, le braccia.
Cancellò il sorriso,
diede vita alle lacrime.
Sgorgarono a fiotti
dagli occhi socchiusi,
la gola partorì lamenti.
Le palpebre ubbidirono,
sbarrarono la luce.
Le membra appesantite
chiesero riposo.
Debilitò l'essere.
Le mani si giunsero
in silente preghiera.
Poi, la normalità tornò,
si affacciò sul giorno,
squarciò le tenebre,
diede nuovo senso al quotidiano.
Spalancai le braccia,
l'accolsi come se mai l'avessi avuta.
Strana la vita
desideri ciò che hai posseduto
solo quando l'hai smarrito!
Nuccia
Foto dal web
percosse la mente, il cuore,
le gambe, le braccia.
Cancellò il sorriso,
diede vita alle lacrime.
Sgorgarono a fiotti
dagli occhi socchiusi,
la gola partorì lamenti.
Le palpebre ubbidirono,
sbarrarono la luce.
Le membra appesantite
chiesero riposo.
Debilitò l'essere.
Le mani si giunsero
in silente preghiera.
Poi, la normalità tornò,
si affacciò sul giorno,
squarciò le tenebre,
diede nuovo senso al quotidiano.
Spalancai le braccia,
l'accolsi come se mai l'avessi avuta.
Strana la vita
desideri ciò che hai posseduto
solo quando l'hai smarrito!
Nuccia
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