Luigina
passeggiava lungo la riviera Ponente di
Milazzo.
Era una bella
giornata primaverile, la brezza marina le scompigliava i lunghi capelli neri e
ricci, le guance erano rosee, accese dall'emozione che sempre le procurava la
vista del mare. Quel giorno era particolarmente calmo, sembrava la
continuazione del cielo, le onde erano appena percettibili, quando le acque si
sciorinavano sulla spiaggia sassosa, lo facevano silenziosamente, come se non
volessero disturbare la quiete del giorno.
Luigina era
ancora una bimba, con i suoi undici anni, era un fiore che stava per sbocciare
e affacciarsi alla vita di adolescente, con le sue inevitabili problematiche.
Come tutte le
bambine della sua età, amava giocare con i compagni, soprattutto nei giochi di
squadra, dove è l'unione che fa la forza. Pedalava spesso con la sua bicicletta rossa, e, quando il
tempo la permetteva, era suo padre che la accompagnava per le strade di
Milazzo.
In quei
momenti, lo amava appassionatamente, comprendeva che per esserle accanto
rinunciava o si allontanava da impegni lavorativi, sempre assillanti.
Luigina aveva
un buon rapporto con i propri genitori ma, all'orizzonte, ogni tanto faceva
capolino la normale inquietudine dei figli sulla soglia dell’adolescenza.
Erano i primi
giorni di Maggio e ormai la scuola era sul finire, le vacanze si prospettavano
allegre e lunghe, felicemente lunghe. Quell'anno, per la prima volta, aveva
strappato ai genitori il permesso di recarsi al campeggio con gli scout, e lei,
al solo pensiero, era elettrizzata.
Dieci giorni
con gli amici più cari, a contatto con la natura, a convivere e dividere tutte
le mansioni che un’esperienza del genere prevedeva.
Pregustava le
grigliate attorno al fuoco, i canti, le ballate e le inevitabili storie da
raccontare. Avrebbe dormito in tenda, per la prima volta, avrebbe finalmente
utilizzato il sacco a pelo e, soprattutto, non ci sarebbe stata mamma a darle
il bacio della buonanotte. Chissà come si sarebbe sentita, sarebbe riuscita a
dormire o, almeno, a riposare? Lei sperava di divertirsi, in fondo sarebbe
stato come un rito d’iniziazione: lontana dalla famiglia, dal pestifero
fratellino, dalla routine di tutti i giorni. Intanto quel pomeriggio si godeva
l'atmosfera quasi estiva della marina di Ponente.
Camminava e
fantasticava...
A un tratto qualcosa attirò il suo sguardo...
Con la coda
dell'occhio notò un puntolino scuro nel mare.
Non era
semplicemente un oggetto, no, era qualcosa che si muoveva e si agitava nelle
acque calme.
S’incamminò
lungo la spiaggia e facendosi scudo con le mani, per ripararsi dal sole, scrutò
le acque.Non era possibile, quell’oggetto si avvicinava sempre più,
s’ingrandiva e assumeva la forma di un enorme capodoglio. Non era minaccioso,
sicuramente era grande.
Luigina non
aveva paura, lei non era intimorita dagli animali, anche se grandi. Poi...
quell'enorme mammifero non era per niente ostile.
Luigina entrò
nelle acque basse e aspettò che il capodoglio si avvicinasse. Si guardò intorno,
non c'era nessuno sulla spiaggia, cosa doveva fare? A un tratto l'animale
s’immerse e poi… ricomparve a pochi metri da lei. Quell’essere sembrava
sofferente.
Luigina si
accorse che un sacchetto di plastica fuoriusciva dall'enorme bocca.
Davanti alle
afflizioni degli esseri viventi, la bimba non resisteva, un po' titubante gli
si avvicinò, in realtà non era poi così minaccioso quell’animale era solo
dolorante. Con grande difficoltà, utilizzando tutte le sue forze, riuscì a
liberarlo, poi, lo accarezzò sulle ferite e sempre parlandogli dolcemente,
cercò di rimandarlo in acqua. Il capodoglio guardava con gli occhi acquosi la
bimba, sembrava capire, agitava la coda come per ringraziarla, non apriva le
enormi fauci per non spaventarla ma, emetteva dei suoni incredibilmente dolci:.
Luigina era
felice, aveva aiutato un essere così grande e lui sembrava riconoscente. Chissà
chi aveva gettato in mare quel sacchetto di plastica. Perché gli uomini sono
spesso così incredibilmente stupidi? A scuola le avevano spiegato dei danni
incalcolabili che la plastica produceva nell'habitat, possibile che gli adulti
non ne fossero a conoscenza?
“Grazie
piccola!”
Chi parlava?
Luigina si girò di scatto ma, intorno, non c'era proprio nessuno!
“Grazie
cucciolo di donna!”
Non era possibile,
lei aveva davvero sentito queste parole?
Guardò il
capodoglio che impercettibilmente scosse l'enorme capo “Sì, sono io che parlo!”
Allora era
proprio lui che le trasmetteva quelle parole, incredibile, non avrebbe potuto
raccontarlo a nessuno, chi le avrebbe creduto?
“Grazie
piccola, se non mi avessi aiutato, sarei morto tra mille sofferenze. Io sono
Philip, vengo dai mari del Nord, stavo migrando ma il sacchetto mi ha fatto
perdere l'orientamento. Tu chi sei?”
“Sono Luigina-
rispose la bimba- sono felice di averti aiutato. Ma come fai a comunicare?”
“Lo faccio con
il pensiero, anche tu non hai bisogno di parlarmi, basta pensare ciò che mi
vuoi dire. Lo hai studiato che noi mammiferi comunichiamo telepaticamente con
gli esseri viventi che lo meritano?
“ No, non lo
so!” Rispose la bimba
“Quante cose
non sai! Voi umani sapete che state distruggendo il mare? Sapessi quanti miei
amici muoiono nelle acque inquinate! Se potessi portarti con me, ti farei veder
i fondali: i coralli stanno scomparendo, erano così belli! Gli uomini ce li
rubano per farne cosa poi? Stupidi monili per le donne che, lo sappiamo, si
stancano facilmente di tutto! Le stelle marine, i cavallucci, le alghe. tutto
sta svanendo. E' come un deserto in alcuni posti.”
A sentire
queste parole Luigina si sentiva sempre più triste. Sicuramente era come se un
ladro fosse penetrato nella sua casa e avesse distrutto tutte le cose belle cui
lei teneva tanto.
“Scusa!- Disse
triste la bimba - Io cerco di rispettare la natura ma sai, sono proprio i più grandi
che arraffano a più non posso, quello che l'ambiente dà, restituendo poi
rifiuti”.
“Non parlarmi
di rifiuti, hai visto che stavo per morire? Sapessi nel mare, si trova di
tutto: bottiglie, lattine, contenitori con sostanze che fanno una puzza incredibile,
addirittura auto e biciclette... Ma gli uomini cosa fanno? Credono che il mare
sia una grande discarica? Non lo sanno che alla fine restituisce tutto il male
che subisce?”
“Hai ragione
Philip, dimmi cosa posso fare?”
“Tu da sola
molto poco, puoi anche raccontare agli altri ciò che ti sto confidando , ma non
credo che daranno ascolto a una bambina!-
“Raccontami
ancora del mare, ti prego!”
Il capodoglio
sembrò emanare un lungo sospiro e disse
”Una volta il
mare era come un giardino curato e pulito. Nei fondali nuotavano una varietà
incredibile di pesci: acciughe, aringhe, manta, merluzzi, alborelle,
ombrine, barracuda,
occhiate, pesci pagliaccio, pappagalli, razze,spigole, tinche, e tanti altri.
Era un brulicare di vita…oggi più nulla di tutto questo. I pesci muoiono per
inquinamento o per opera della pesca forsennata.!
Per non
parlare poi delle piante, attinie, anemoni di mare, coralli, tutto scomparso!
Sai quando i pescatori arano il fondale con le reti, tutto viene sradicato,
tolto, annullato!
Che pena per
noi abitanti del mare!” Così sussurrando
Philip sembrava piangere, grosse gocce scendevano dai suoi occhi.
“Come mi
dispiace. E’ davvero così che si comportano gli adulti? E poi pretendono di
educarci. Mi chiedo che esempio ci diano! Caro Philip, vedrai, parlerò con i
miei amici scout. Loro sì che conoscono l’importanza della natura!
Ma tu ora cosa
farai? Come tornerai in mare aperto?”
“Io non posso
tornare dal mio banco di capodogli, ormai sarà lontano! Ho perso
l’orientamento, il sacchetto di plastica ha disturbato la mia capacità di
orientarmi. Non temere, non ho paura di morire su questa spiaggia, le onde mi
faranno arenare e la mia agonia prima o dopo finirà!”
“ Non puoi
morire così, io ti aiuterò, chiamerò tutti quello che conosco, non può finire
così ti prego Philip!” singhiozzava Luigina.
“ Cara
piccola, la mia compagna è morta e sai, noi non riusciamo a vivere senza il
nostro “amore”.
Lei era
bellissima, enorme, lucente, la bocca grandissima e quando la spalancava
metteva in mostra i bianchi fanoni. Da poco aveva partorito un cucciolo. Quanto
lo amavamo!
La mia femmina è stata uccisa da un
motopeschereccio. Mentre migravamo, lei era rimasta un po’ indietro con il
piccolo, per proteggerlo. Purtroppo degli uomini cattivi lo hanno adescato e
pescato. La sua mamma ha cercato di opporsi ed è stata uccisa.
Ho gridato il
mio dolore, ho pianto, ho volto gli occhi al cielo, chiedendomi perché gli
uomini ci considerano solo come prede e non esseri viventi.
Il dolore mi
ha ottenebrato la mente, mi sono allontanato dal gruppo, e ora, è giunta la mia
ora”.
Con un lungo
sospiro Philip chiuse gli occhi.
Luigina non si
dava pace. Philip non poteva morire. Non era giusto. Tutto questo per colpa degli adulti. Loro non
sapevano dei sentimenti che questi esseri avevano per i propri cari, non
conoscevano il dolore per la natura che scompare. Non comprendevano i diritti
che tutti gli esseri viventi hanno: vivere serenamente nel proprio ambiente.
Philp intanto
respirava male, il corpo era troppo asciutto e la pelle si stava raggrinzendo.
Dallo sfiatatoio gli spruzzi erano sempre più rari. Chissà da quanto tempo non
mangiava. Decise che avrebbe dovuto fare qualcosa. Lo accarezzò dicendogli
“Tranquillo, adesso vado a chieder aiuto agli adulti. Tu aspettami, io risalgo
la spiaggia, vado di corsa a casa. Papà saprà cosa fare, ne sono sicura. Tu
aspettami e ti prego. NON MORIRE!”
E dopo un’
ultima carezza si allontanò.
Luigina
correndo risalì la spiaggia, giunse sulla strada e , piangendo, si guardò
attorno cercando qualcuno che l’aiutasse.
Stranamente la
strada, che di solito era frequentata da auto, era deserta.
La bimba non sapeva cosa fare, non se la
sentiva di allontanarsi dal cetaceo. Aveva paura che qualcuno vedendolo gli
facesse del male, non lo poteva abbandonare.
Ritornò
correndo sui suoi passi, aveva preso una decisione: a casa non vedendola
tornare l’avrebbero cercata. La mamma avrebbe chiesto aiuto al papà e lui
avrebbe chiamato un po’ di gente. Una volta trovata, avrebbero aiutato lo
splendido animale. Con questi pensieri tornò dal suo capodoglio.
“Philip, sono
qui, non ti lascio solo. Vedrai fra poco arriveranno i miei e ti aiuteranno”.
Così dicendo
lo abbracciava e lo accarezzava.
L’animale aprì
faticosamente gli occhi “Grazie piccola. Ho capito che non tutti gli uomini
sono cattivi. Le persone come te danno speranza per un mondo migliore”.
Le parole
giungevano pianissimo, si comprendeva che era alla fine della sua vita terrena.
Trascorsero
alcune ore, Luigina abbracciata a Philip, nel frattempo, si era addormentata,
il povero capodoglio era morto.
Li ritrovarono
così, una bimba assopita accanto ad un grosso cetaceo, arenato sulla spiaggia.
Purtroppo la
favola era finita.
Luigina fece
ritorno a casa, piangendo, fra le braccia del padre. Il povero Philip venne,
nei giorni seguenti portato via dai
biologi marini. Volevano capire cosa
fosse accaduto al capodoglio, perché
avesse perso
l’orientamento, soprattutto volevano studiare l’origine di quelle grosse gocce
sotto gli occhi, erano come perle.
Luigina sapeva
che erano vere lacrime versate per le vite perdute, per il rimpianto di una
famiglia annientata dalla stupidità umana, per quella felicità che Philip non
avrebbe più avuto.