Vi è mai capitato di desiderare di andar via?
Magari non in maniera definitiva, per
sempre, solo per un periodo non troppo lungo. Avere insomma il modo di riamare
ciò che lasci. A me si, proprio in questo periodo dell'anno, quando si è
stanchi di un inverno freddissimo, piovoso , non c'è mancato niente, perfino
l'esondazione di alcuni fiumi della zona, la scuola sul finire con tutte le
incombenze di giugno e luglio e poi la ...famiglia!
Provate a vivere con cinque maschi in casa ed
io...l'unica donna. Non non sono la regina della casa, nooooh, la governante
si!
Adesso ho tra le mani un foglietto con l'immagine
di tre insegne stradali, sono vergate in
arabo ed io...sogno.
Sogno la fuga da tutto e tutti.
Mi vedo con un caftano bianco abbagliante, tra i
capelli raccolti gioielli che luccicano al sole implacabile del deserto.
Naturalmente sono accanto ad un avvenente uomo dal colorito bruno che tira per la “cavezza”, ehm le redini, il mio destriero per condurmi
nella tenda beduina, in un' oasi che più oasi non si può.
“Mamma, mamma il latte!” urla il mio piccolo di
otto anni.
Mi risveglia proprio quando il principe beduino sta per condurmi nel suo
castello...cioè volevo dire tenda beduina, piego il mio prezioso foglietto dei sogni, lo
infilo nella tasca della vestaglia e accontento il bambino.
Ha così inizio l'incubo mattutino: svegliare i
figli, tutti con metodologie diverse, il grande con un urlo bestiale, il
secondogenito con una carezza e due paroline dolci all'orecchio, il terzogenito
togliendo coperte e lenzuola e aprendo implacabile la finestra. Ora tocca al marito.
Questa la parte più difficile, appena mi avvicino,
lui mi tira a sé e non vorrebbe lasciarmi più, solo che è pericoloso, se mi
corico, mi riaddormento subito e non è possibile.Scappo.
Iniziano i turni al bagno e gli immancabili
bisticci.
Sento risuonare per tutta la casa urla primordiali
“Prima io! No tocca a me, sono il più grande! Tu ci abiti in gabinetto!” Io non
intervengo, sarebbe inutile, se la sbrigano da soli, devo preparare la
colazione per tutti.
Toasts ben
caldi e dorati, marmellata e burro, nutella,
arancie appena spremute, il latte per il più piccolo, il caffè per mio
marito. Io? Mi è già passata la voglia anche di bere un espresso, stringo tra
le dita il mio prezioso foglietto, la mia fuga.
Gli animi si sono relativamente quietati, stanno
tutti mangiano la colazione, io mi reco
nelle stanze da letto, faccio arieggiare lenzuola e coperte.
Mi appresto a varcare, con un certo timore, lo
confesso, la porta del bagno. Lo sapevo,
ha l'aspetto di un campo da guerra, raccolgo i panni
sparsi a terra, li metto nel cesto della biancheria sporca, raccatto le
ciabatte, vado alla ricerca del mio bagnoschiuma preferito, (di solito lo
nascondo dietro la finestra, proprio sul
davanzale, i maschi di casa me lo finirebbero in mezza giornata), finalmente anche io posso fare una veloce
doccia, rivestirmi e prepararmi per
andare al lavoro.
Mi sento stanca, prima ancora che la giornata si
srotoli. I figli sono usciti tutti, mio marito ne ha accompagnati alcuni. E'
una giornata di sole, non è proprio caldo ma ti accarezza e ti riscalda il
cuore. E se non andassi al lavoro, se per una mattina fuggissi? Ho nella borsa
il mio prezioso foglietto, lo prendo e mi perdo
in quella immagine ch,e per carità, non ha nulla di fantastico anzi, sa di
caldo, sabbia negli occhi, sudore ma, quella scritta in arabo, mi intriga, chissà
quale posto da sogno indica....
Già mi vedo, sono su di un cammello, (ma non era
un cavallo? anzi un destriero?), mi suggerisce una vocina recondita, a ben
pensarci attraverso meglio il deserto su di un cammello, se mi concentro sento che
non è molto comodo. Indosso una sahariana color sabbia, cappello di paglia in
testa, occhialoni scuri che quasi mi
coprono il volto. Accanto a me una splendente guardia del corpo, si insomma un
accompagnatore turistico, mi guida con sicurezza tra le dune. Ogni tanto mi
stringe il gomito con sussiego e un fremito mi pervade tutta...
“Signora il semaforo è verde, vuole per caso
accamparsi sul marciapiede o aspetta un colore di suo gradimento che faccia
pandan con l'abito?”
Ma quale guida e guida, un signore mi scuote per
il braccio perchè non mi decido ad attraversare la strada.
Rossa in volto chiedo scusa e mi affretto verso la
scuola. La campana è già suonata ed io come una ladra cerco di rendermi
invisibile agli occhi della bidella. Lo sanno tutti che è la Mata Hari della
situazione.
“Buongiorno Prof. Anche oggi in ritardo?”
(ma questo è un saluto o un rimprovero?), mi saluta
la mia alunna.”Ci si mette anche lei,
maledetta!” penso.
Con il mio prezioso biglietto in tasca entro in
classe.
Incomincia la routine, appello, spiego, interrogo
ma... la mia mente è lontana. Chissà cosa c'è scritto su quella insegna in arabo!
Devo sapere, mi sforzo di catalagore tutti i conoscenti e gli amici ma non
ricordo nessuno che conosca l'arabo.
Aspetta un momento, posso chiedere al fruttivendolo
all 'angolo di via Roma, se non sbaglio è tunisino. Evviva, finalmente saprò!
Con nel cuore una nuova speranza, arriva il bidello
con una comunicazione urgente: durante la pausa pranzo riunione straodinaria
per un caso di “disperata ignoranza” di un alunno.
“Ci mancava anche questa!” penso.
Inizia la riunione, mi hanno lasciato il posto
proprio accanto alla “saccente”della situazione poi, come al solito, mi
rifilano il verbale da redigere. Quanto li odio!
Iniziano a discutere sul caso in questione, io...
sono con il pensiero in...Tunisia.
Mi trovo
in un harem, sono la favorita del principe. Sono bellissima, non sono neanche
gelosa delle altre concubine e so perchè.... non faccio niente dalla mattina
alla sera ,devo solo essere bella e curarmi per il mio ...lui. Certo che come
femminista sono proprio caduta in basso.
Sto versandomi copiosamente addosso del profumo
intenso, sento i vestiti bagnati...
“Scusa,scusa, non volevo!”mi dice la collega
seduta accanto.
Un intero bicchiere d'acqua mi è stato versato
addosso, altro che intenso profumo.
Lascio cadere in tasca l' immagine delle insegne,
(e' evidente che mi aliena dal mondo) e cerco di tamponare tutto il bagnato.
“Professoressa
Anselmi ha preso nota di quanto è stato detto finora?” La voce della
preside mi tuona vicino all'orecchio. “Oh certamente!” Non ho sentito nulla,
dovrò chiedere lumi alla collega saccente, sigh!
Come Dio vuole, termino le ore a scuola e di buona
lena, mi reco dal fruttivendolo.
Lo intravedo dietro il bancone mentre pesa della
frutta. Come faccio ad avvicinarmi? Con quale scusa gli chiedo di tradurmi ciò
che c'è scritto sulla prima insegna a sinistra del mio prezioso biglietto?
Mi avvicino e comincio ad acquistare frutta di
vario tipo, lo faccio sempre guardando
fissamente il giovane tunisino.
“Scusi signora, le interessa mio marito?” Sento
una voce con un accento straniero dietro alle mie spalle.
E' una giovane donna, dal colorito scuro che mi
guarda imbronciata.
“Oh no, davvero, ero solo sovrapensiero!” mi
scuso, ci manca solo che mi accusino di adescare giovani stranieri.
“Sovra che?” mi dice.
Mi affretto
a pagare ed esco a precipizio dal negozio, ho acquistato frutta per un mese
intero e come un mulo mi ritrovo a sobbarcarmi il peso e, caracollando, mi avvio
verso casa.
Il biglietto mi pesa nella tasca è come un essere
con vita propria che mi spinge a prenderlo tra le mani, a sapere e sognare.
Mi siedo su di una panchina, lungo la strada.
Poso a terra il mio carico di frutta e prendo tra le mani l'immagine. Guardo con attenzione e per la prima volta scorgo una quarta
insegna rovesciata nella sabbia. Mi sale n magone, sa di guerra, rivolta,
morti, immigrazione. Chissà cosa indicava?
Con una sensazione di vuoto allo sterno, riprendo
la sporta della spesa e a passo improvvisamente stanco mi avvio verso casa.
Mi immagino in fuga su di un camion carico di
altri disperati come me, la paura negli
occhi e nel cuore. Dalla strada sterrata si alzano nubi di sabbia, mi copro il volto con un telo
scuro, mi ci avvolgo dentro per rendermi invisibile. Improvvisamente non so
quale sarà il mio fututo, con me non ho nulla, a farmi compagnia la fame, gli
stenti, il futuro incerto. Sento lacrime salate scorrere sulle labbra, le
assurgo con la lingua vome se mi potessero dissetare. Mi salgono alla memoria
immagini di sofferenze indicibili, barconi stracarichi di merce umana in balia
delle onde, urla, disperazione, morte....
“Mamma che fai non mi vedi?” Una calda dolce voce
mi riporta alla realtà, la mia realtà.
Abbraccio con gli occhi questo mio figlio,
prodotto d'amore. Mi guardo attorno, apprezzo improvvisamente ciò che vedo, la
vita che ho. Riprendo tra le mani l'immagine di quattro segnali stradali in uno
sperduto deserto che non conosco. Distendo con le mani quel foglio di carta che sa raccontare di vita, speranza e di morte
con quattro semplici cartelli stradali, con il sole alle spalle e lunghe ombre
sulla sabbia.
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