Lo senti?
Ho un vuoto nel cuore
invano di riempirlo cerco
aggrovigliando immagini,foto, parole
ma, quel vuoto, tale rimane.
Saprei bene come colmarlo...
con la tua mano che m'accompagna,
con le tue parole che mi sussurrano agli orecchi,
con le tue braccia che mi stringono
e mi fanno sentire figlia...
Lo so, impossibile rendere tangibile
chi più non c'è,
e allora m'accontento.
Chiudo gli occhi,
intensamente ti penso
e ti rivedo,
il vuoto si riempie d'amore.
Dovrò essere forte,
farne tesoro
fino a quando la realtà
prenderà il sopravvento.
Nuccia
Al mio papà.
mercoledì 21 dicembre 2016
lunedì 19 dicembre 2016
Odio
Orrore,sangue,dolore,
si rinnovano in strade festose.Forse fa male gioia altrui
o è cuore indurito che agisce?
Follia disumana
colpisce innocenti vite.
Lacrime inutilmente versate
distruggono mondo.
Odio scorre in vene umane
porne fine sarà compito d'amore?
Nuccia
venerdì 16 dicembre 2016
Parlarti d'amore
lunedì 12 dicembre 2016
LA RIVOLTA DEI BABBO NATALE
"Mi
chiedo cosa ci sto a fare qui appeso. Sembro un ladruncolo pronto ad entrare
negli appartamenti. Mi vergogno davvero. Un piede al primo scalino, il secondo
a penzoloni, le mani avvinghiate alla scaletta. A distanza di anni non ho
ancora capito a che servo. Ho deciso, quest'anno non ci sto. Io devo aiutare i
bambini, portare regali, non dare tristezza. Poi, non sopporto assolutamente Luigino che con gli amici mi
tira le palle di neve nella schiena. Stavolta mi ribello, mi sgancio ed
agisco".
A
pensar così era un Babbo Natale appeso ad una scaletta di legno sulla ringhiera
del balcone del terzo piano. Ogni anno, ormai ne erano passati almeno sei, la
signora Rosa lo toglieva dallo scatolone
e i9n previsione delle feste natalizie, lo appendeva fuori, alla ringhiera.
Ultimamente era un po' spelacchiato, si sa l' inverno fa di questi
scherzi, allora aveva deciso di ornare
il cappello rosso con delle lucine. Non sapeva, la poveretta, che Babbo Natale
ogni volta aveva paura di bruciarsi, e, quando tutti dormivano, svitava qualche
lampadina, quella più vicino al naso. La signora Rosa si chiedeva "Ma perché non funziona tutto l' impianto?" Pazientemente
cambiava luci, fino a quando, stanca dinanzi al ripetersi della situazione, lasciava
perdere e il piccolo Babbo Natale respirava di sollievo. Ma il Natale del 2016
sarebbe stato diverso. Era ora di reagire!
Il piccolo Babbo Natale si era accorto che un altro compagno di
"sventura" era stato appeso al balcone del quarto piano. "PSS
ehi… Babbo Natale, guarda in basso sono al terzo piano. Si proprio quaggiù"
"Ciao,
anche tu in bella mostra?"
"Bella
mostra al freddo e al gelo? Tu sei
nuovo, non penserai davvero che sia bello star qui? Quest'anno scappo, non
voglio fare questa vita. Vuoi venire con me?"
"Magari…
ma come faccio. Anche se sono appeso da poco, mi sono già stufato!?"
"Facile,
stacca prima una mano, poi l'altra, lasciati cadere. Tranquillo non ti farai
male, la plastica difficilmente si rompe. Guarda me, no, anzi, aspettiamo la
mezzanotte, quando in giro non ci sarà nessuno e poi agiamo.”
“Va
bene compagno, ora riposo un po'… a più tardi".
Trascorse
anche il pomeriggio, nel frattempo il prode Babbo Natale non era stato con le
“mani in mano”. Ad un passerotto che si era posato sul suo cappello rosso aveva chiesto aiuto, in cambio gli avrebbe
dato un po’ di lana bianca per
riscaldare il nido. Gli aveva chiesto di raccontare ai Babbo Natale appesi ai
balconi del paese che quella stessa notte ci sarebbe stata la rivolta. Il luogo
dell 'incontro davanti al portone principale
della chiesa. Giunti lì avrebbero deciso il da farsi.
Passerotto
aveva eseguito l'incarico, era volato da un balcone all'altro, aveva condiviso
con tutti il piano e in cambio aveva ricevuto
una bella scorta di lana.
A
mezzanotte in punto i Babbo Natale si lasciarono cadere dai balconi. Ovunque si
sentiva “Puff, puff”. Erano loro che precipitavano nella neve , poi in fila
indiana si dirigevano al luogo dell' incontro.
Alcuni
cani, al loro passaggio, abbaiavano sorpresi da quell'insolita processione.
Un
ubriaco, vedendoli, si era inginocchiato e rivolgendo lo sguardo al cielo aveva
esclamato “Lo giuro non berrò neppure un goccio da ora in
poi…
questo è troppo!” Ed era scappato a gambe levate.
Alcuni gatti randagi,
invece, si erano accodati ed insieme a quei pupazzi rossi avevano allungato la
fila che si andava ad ingrossare ad ogni palazzo. Infatti i Babbo Natale
appesi, si lasciavano cadere nella morbida neve. Giunsero così davanti al
portone della chiesa, tutti si zittirono per ascoltare il Capo indiscusso di
quella rivolta, il quale si fece avanti, si posizionò proprio sul sagrato, dove
tutti avrebbero potuto sentirlo.
”Cari
amici, noto che siete proprio numerosi. Bene, meglio così. Come forse la maggior
parte di voi sa, lo stare appeso ai balconi non ci rende onore- (e i Babbo
Natale assentivano con la testa)- freddo e gelo per cosa? Il nostro compito è
allietare i bimbi, rendere sereni gli anziani
e i senza tetto con la nostra
presenza. Per questo propongo di dividerci in squadre: una parte di noi andrà
al reparto pediatrico, ci metteremo accanto ad ogni lettino , un’altra parte alla casa di riposo, lo sappiamo che i vecchietti sono
come i bambini. Un’altra nelle case dei più poveri.
La nostra presenza porterà
speranza… e non dimentichiamoci dei
clochard. Anche loro hanno diritto al
Natale!”
Un Babbo Natale aveva alzato la mano per
parlare,
”Ma
non dovremmo portare qualche dono?E dove
lo prendiamo? Non abbiamo soldi!”
”Non
ti preoccupare, chiediamo aiuto al papà di tutti i Babbo Natale!"
"Lo conosci,davvero?"
La meraviglia era generale
“Certo,
so io come contattarlo. Voi aspettatemi.”disse
Il piccolo Babbo Natale si recò sul retro della
chiesa dove c’era , lui lo sapeva, una
finestrella molto piccola che lo avrebbe
condotto all’interno.
Così fece, riuscì ad infilarsi dentro, si
diresse verso l’altare maggiore dove un Gesù Bambino di porcellana dormiva
nella mangiatoia.
S’avvicinò alla statua e iniziò a pregare
con fervore, adddirittura delle lacrime
spuntarono dai suoi occhi di cristallo nero, gli parve di sentire il suo cuore
battere forte…strano lui non aveva un cuore vero!
“Gesù Bambino, aiutami, non posso deludere chi
crede in me. Devo aiutare chi soffre. Fa’ che abbia un senso il mio abito da
Babbo Natale. Aiutami a trovare qualcosa da donare!”
Osservando il Bambinello gli parve che gli
sorridesse. Si fece il segno della Croce ed uscì dalla chiesa.
Quale fu il suo stupore quando davanti al sagrato si fermò un enorme
camion da cui scese un signore dai capelli e barba bianca e, rivolgendosi
proprio a lui, disse “Piccolo Babbo Natale
devo scaricare dei doni, tu e i tuoi
amici potete aiutarmi?”
“Certo!!!” risposero centinaia di
voci…e così ogni piccolo Babbo Natale ebbe un sacco da trasportare sulle
spalle. Grande era lo stupore: i sacchi erano proprio grandi e colmi di
dolciumi o giocattoli , ma i piccoli Babbo Natale riuscivano a trasportarli con
facilità.
Ognuno di loro, col prezioso carico
sulla spalla si avviò verso il posto
prescelto.
La mattina dopo, tanti doni vennero trovati dai bimbi ricoverati
nell’ospedale, dagli anziani accanto ai propri letti, dai barboni che dormivano
per strada, nella case più povere e
vicino vi era sempre un pupazzo vestito
da Babbo Natale.
Per giorni nel paese si parlò della
scomparsa dei Babbo Natale dalle ringhiere dei balconi ma, ebbe maggior risonanza, il miracolo dei doni ricevuti dai bambini, dalle persone più
tristi, sole e bisognose.
Nuccia
domenica 11 dicembre 2016
Visitando Bologna
Nelle vie di Bologna
non solo voci
di indaffarata vita,
se presti bene orecchio
un canto ti par di sentire...
"Santi che pagano
il mio pranzo
non ce n'è
sulle panchine
di Piazza Grande"
Non lascia vuoto
di sé un luogo
chi tanto amato ha.
Lui, come tanti grandi,
la sua anima
alle piazze
e ai sampietrini
di Bologna
ha donato
Nuccia
Immagine dal web
non solo voci
di indaffarata vita,
se presti bene orecchio
un canto ti par di sentire...
"Santi che pagano
il mio pranzo
non ce n'è
sulle panchine
di Piazza Grande"
Non lascia vuoto
di sé un luogo
chi tanto amato ha.
Lui, come tanti grandi,
la sua anima
alle piazze
e ai sampietrini
di Bologna
ha donato
Nuccia
Immagine dal web
martedì 6 dicembre 2016
martedì 29 novembre 2016
Partenza
.. e il silenzio si espande,
vuoto intorno
braccia prive di vita
cuore dolente.
Così mi lascia
ogni partenza.
Nuccia
vuoto intorno
braccia prive di vita
cuore dolente.
Così mi lascia
ogni partenza.
Nuccia
sabato 26 novembre 2016
I fici scialari
Sono il Presidente di una squadra di calcio di categoria....ultima, praticamente. Ho iniziato questo mio impegno con una gioia, un entusiasmo che non riesco neppure a descrivervi. Dal momento della mia nomina, un solo pensiero in testa: cosa fare per la mia giovane squadra!
Lo confesso non è che abbia tanta esperienza...ma insomma che ci vuole?
Ci vogliono i ragazzi per la squadra, e questi ci sono, divise, le ho ordinate, il medico e va bé qualche amico lo trovo, l'allenatore, anche qui un amico...., il pulmino? No, le auto private bastano!. Un vicepresidente? Pregherò qualcuno...giurando che non dovrà versare soldi.
La cosa più importante mia moglie Lucia: avrà finalmente un incarico: moglie, accompagnatrice, sostenitrice del Presidente!
Mi sento gasato, la prima partita domenica prossima, certo un paese piccolino dell'entroterra messinese, dovremo viaggiare per Km, forse 100 , ma chi se ne frega...l'entusiasmo alle stelle!
Certo a ben pensarci, non è che sia tutto a posto... Allenamenti pochissimi, anzi ad essere onesti solo uno, in vista della partita, le divise ? Non sono arrivate!!!
Il medico amico è talmente amico che probabilmente non potrà essere dei nostri, causa un impegno improvviso. D'altronde lo capisco è un ginecologo, se non ha improvvise richieste lui!!!
Ho chiesto a mia moglie la massima collaborazione, ricordo che tanti anni fa fece un corso di volontariato in Croce Rossa, quindi mi accompagnerà in campo per eventuali problemi. Ormai ho deciso!
Avrei deciso, lei non è d'accordo assolutamente. Piagnucolando mi ricorda "Lo sai bene che ho paura di un ago, davanti ad una ferita svengo! Non ho terminato il corso! Le uniche ferite che affronto sono le punture d'insetto!"
Io ho fatto l'uomo " Mi devi aiutare!"
E davanti alle sue lacrime "Va bene ma almeno mi prepari una borsa con dentro tutto l'occorrente per un piccolo soccorso?"
Lei mi ha baciato con trasporto e subito si è messa all'opera, praticamente ha svuotato il nostro armadietto dei medicinali!! Mi chiedo, l'antinfluenzale perché lo ha messo nella borsa?
Si avvicina sempre più il fatidico giorno, ho riunito i ragazzi in pizzeria per parlare di strategie e scegliere un nome per la squadra, non che non l'avessimo, ma vuoi mettere uno beneagurale?
Ci sono tutti, sono davvero belli, sprizzano energia ed ottimismo! "
"Domani, esordisco, avremo la partita e stasera brindiamo alla nostra sicura vittoria" Segue un breve conciliabolo, abbiamo deciso che la nostra squadra avrà questo appellativo: I vittoriosi! Sono tutti d'accordo e iniziamo con i brindisi...
Uno per il Presidente...e vai!!! Uno per la moglie del Presidente! E sia....continuiamo fino all'ultimo dei giocatori. Ok ,sono solo birre, ma l'effetto lo lasciano, per cui ci raccontiamo barzellette e delle strategie neanche l'ombra, ci penseremo domani!
L'indomani mattina mi sveglio con un mal di testa atroce e fra mille aghi che mi torturano un pensiero sta per uccidermi: le divise. I giocatori non hanno divise!
Mi alzo di botto e chiedo consiglio alla mia amata Lucia. Lei tranquilla ci pensa un po' e poi come illuminata "Ricordo che Don Pasquale, il padrone delle pompe funebri, aveva una squadra di calcio, magari ha ancora le divise."
"Pompe funebri?" inorridisco, ma davanti all'ineluttabile agisco.
Bevo un caffè, una doccia veloce e mi reco da Don Pasquale.
Nel suo negozio noto un po' di gente, aspetto e poi entro. Non vi nascondo che ho la mano in tasca e tocco "i gioielli di famiglia".
Chiedo del proprietario e un tristissimo signore, non so se parente del trapassato o commesso, con un cenno della mano mi indica il retrobottega.
Un sudore freddo scivola lungo la schiena, sono impaurito ma devo, ripeto, devo entrare.
Don Pasquale con un gran sorriso mi accoglie, mentre sta sistemando un morto nella bara. Io con gli occhi evito di guardare il defunto e , come dicono i siciliani, taliando negli occhi Don Pasquale dico"Buongiorno Don Pasquale ho bisogno di un favore , solo lei mi può aiutare!"
"Ciao Stefano, ti muriu cacchidunu? A disposizione sempre!"
Stringo ancor di più le dita nella tasca, provocandomi un certo dolore.
"No grazie, Don Pasquale, avrei bisogno in prestito le divise della squadra di calcio che un tempo dirigevi. E' un'emergenza!"
"Ma certu Stefano, ora ciù dicu a me mugghieri, è na bona cosa, mi farai pubblicità"
A queste parole un campanello d'allarme mi suona nel cervello, ma i tempi sono sempre più ristretti e dopo dieci, no diciamo trenta minuti, la consorte di Don Pasquale mi porta uno scatolone con le sospirate divise.
Nel frattempo ho assistito ad almeno due "ricomposizioni di defunti", non è il meglio onestamente.
Torno a casa con lo scatolone, ormai è già ora di partire, chiamo i ragazzi della squadra, per fortuna due hanno messo a disposizione le proprie auto e in più c'è la mia. Ho chiesto a Lucia di preparare uno spuntino veloce per i giocatori. Onestamente m ha guardato in cagnescoe, pur accontentandomi, mi ha urlato "Le mogli dei Presidenti viaggiano, vanno anche in America, io no!Devo solo preparare da mangiare, curare , sempre se lo farò, qualche disgraziato....Ti sembra giusto?"
Non ho il coraggio di guardarla e mesto mesto prendo tutto e ce ne andiamo.
Abbiamo appuntamento ai caselli dell'autostrada. Sono tutti là. Appena arrivo mi sale un moto di mestizia, sembriamo la Banda Bassotti, ognuno di loro indossa una tuta di colore diverso. Mi fanno tenerezza, per fortuna abbiamo le divise, che ancora non ho visionato.
Ci sistemiamo nelle auto, il medico non c'è, un parto improvviso. Per fortuna ho Lucia, la mia infermiera, oddio poco volontaria ma speciale. In macchina recita il Santo Rosario sperando che nessuno si ferisca.
Dopo tre ore di viaggio arriviamo a Tusa. I ragazzi scendono dalle auto, si sentono rattrappiti, uno bisbiglia "Ma come c...o posso giocare? Ho le ginocchia distrutte dal sedile anteriore!" Poi mi vede e mi fa un cenno di Ok. Non è molto convinto però.
Ci rechiamo negli spogliatoi. Apro lo scatolone e alla prima divisa inorridisco: colore nero con una striscia dorata sulle spalle con la scritta "In memoria di Don Fifì. Premiata ditta onoranze funebri Don Pasquale. Ricorda la vita non è eterna"
I ragazzi mi guardano, hanno lo sguardo allucinato.
Io non so che pesci prendere, con un groppo alla gola sussurro "Ma dai ragazzi è scaramantica, ci porterà fortuna. Se vinciamo porteremo un bel mazzo di fiori a Don Fifì"
Nessuno ride, io distribuisco maglie e calzoncini. Vi giuro che le afferrano con una faccia da "funerale". Ma non basta, mancano i numeri sulle spalle, cosa posso dire all'arbitro? M'inventerò qualcosa e preparo un elenco dei nomi... Ormai i ragazzi sono in fila, non sono proprio un bel vedere, sembrano pronti per un funerale di gruppo, faccio buon viso a cattivo gioco e dico " Ragazzi non è la divisa che fa il giocatore! Animo, mostriamo a tutti chi siamo. Vinciamo e dopo festeggeremo alla grande!"
Mi guardano, non sembrano convinti anzi, sono sempre più funerei.
E' arrivato il momento, bisogna scendere in campo. Ci segniamo e mandiamo una preghiera al cielo...
dopo urliamo tutti insieme "merda, merda, merda".
Mai grido fu più profetico.
Il Capitano è il primo a soccombere, dopo soli dieci minuti di gioco i crampi lo atterrano definitivamente.
Lucia mi guarda con occhio sbarrato "Io non curo nessuno, m'impressiono." E se ne esce dal campo.
Resto solo in panchina, sto cercando di pensare in modo razionale, quando gli avversari segnano il primo gol. Subito dopo replicano. Siamo proprio nella m..., non abbiamo schema di gioco, fiato ed esperienza.Non voglio rigirare il coltello nella piaga, praticamente alla fine del primo tempo, tutti i giocatori della squadra avversaria hanno fatto un gol, tranne il portiere!
Lasciamo definitivamente il campo dopo quarantacinque minuti di gioco. Nessuno ha il coraggio di rientrare dopo l'intervallo..
Negli spogliatoi il portiere mi dice " A fan culo Don Fifì, io fiori non ne compro!" Gli accarezzo la testa e lo comprendo pienamente.
Dopo la doccia ed esserci rivestiti, ritorniamo a casa. In auto nessuno scherza.
Giunto alla mia abitazione dico a Lucia "Sai cara dovresti lavare le divise, le devo restituire domani."
Lei mi guarda con odio, afferra il ferro da stiro, me lo lancia e poi si chiude a chiave in camera. Mi toccherà dormire sul divano, dopo ...aver lavato le divise della squadra.
E' notte fonda quando finisco. Mi siedo sulla poltrona e un improvviso pensiero mi balena e mi fa nascere un sorriso." Abbiano perso ma "i ficimu scialari".
Mi sgorga una risata amara e mi accingo a dormire...forse.
Nuccia
giovedì 24 novembre 2016
SONO
Sono,
chi ti ha preso per mano
adagiato tra fresche lenzuola
per saziare la tua fame d'amore.
Sono,
chi ti ha aperto il proprio cuore
alle tenerezza, ai segreti,
alla passione, al desiderio.
Sono,
chi ti ha donato il proprio grembo,
in cui il seme piantato
ha donato nuova linfa.
Sono,
la vittima del tuo destino,
la vita recisa da mani
che giuravano d'amarmi.
Sono,
il rimorso che non t'abbandona,
il ricordo sbagliato,
l'incubo delle tue tenebre.
Nuccia
martedì 22 novembre 2016
Anatomia del rispetto
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SAGGIO FILOSOFICO
...Entrasti timoroso nell' aula,
i passi esitanti
come fossi sull' orlo dell'abisso.
Il corpo rigido
palesava i vissuti segni del rifiuto.
Gli occhi apristi sul mio volto,
rispecchiavano la tua anima.
Nel lago scuro della pupilla
lessi di guerra,
fame,
povertà,
dinieghi alla vita.
Decido di iniziare il mio saggio con
pochi versi, nati dal cuore, alla vista di quel ragazzo che entrò per la prima volta nella mia
classe, cercando un luogo dove POTER ESSERE. Con un comportamento di chiusura camuffava
il bisogno di attenzione, di accettazione,di rispetto…
Il rispetto sembra di difficile realizzazione,
troppo avvezzi a giudicare, condannare,fermarci alle apparenze eppure... importantissimo
riscoprirne l’ importanza.
Ma come nasce, da cosa nasce,come si
"esercita” il rispetto?
Il rispetto nasce dalla
"meraviglia."
Dalla meraviglia, proprio quella che,
in fondo, ha dato vita alla filosofia. Facciamo mente locale, la meraviglia è
lo stupore che coglie l' uomo dinanzi alla vita, alla natura, all' umanità.
Pensiamo ai bambini, non hanno remore, barriere mentali,
accettano tutto perché liberi dai “legacci” che rendono gli adulti sospettosi,
insindacabilmente certi della propria verità. Dai bambini dobbiamo trarre
esempio, dagli occhi meravigliati che guardano al nuovo.
Io m' incanto davanti a loro. Possono
far domande se sono in grado di formularle, se son piccini cercano di conoscere
con il tatto, il gusto, utilizzano i
sensi. L'adulto no, certo della propria esperienza si chiude a riccio e
avvalendosi della pseudo conoscenza pregressa, pontifica e condanna, poche
volte assolve. E’ un atteggiamento verticale in cui il rispetto indica
autorità. Il vero rispetto nasce dalla
voglia di conoscere realmente ciò che ci circonda, dal desiderio di formare nuove competenze scevre da “precostituzioni”
assurde. Il rispetto permette di ascoltare gli altri, ascoltare si badi bene non semplicemente sentire. Un attento
ascolto genera empatia, permette di entrare nei panni dell' interlocutore,
riuscendone così a cogliere le sfumature,
il tono della voce, la prossemica, lo stato d'animo, ridando vita alla
comprensione.
Come diceva il grande Hegel " il
vero è l'intiero" e non le singole parti. Bisogna idealmente sommare il
prima,il durante e il poi. Quando si riescono a cogliere le intime connessioni
di un agire nasce il rispetto. Esso si manifesta con l 'accortezza verso
l'altro, col desiderio di non ferire e con la consapevolezza e la profondità
delle azioni. Si sente la necessità di accogliere l'altro senza bisogno di
cambiarlo, accettandone pensieri, fede religiosa,costumi perché ha
tutto il diritto di essere se stesso e di non snaturarsi.”
Ma non bisogna confondere il
rispetto con le buone maniere, esso è diverso,
è un atteggiamento che riconosce il valore di una persona.
Immanuel
Kant, nella sua filosofia morale,
sosteneva che” gli esseri umani devono essere rispettati perché sono un fine in
se stessi e possiedono un valore intrinseco ed assoluto: la dignità”. Schweitzer , dottore,filosofo e Premio Nobel per la
Pace, affermava che “bisogna accantonare la congerie di elementi che
costituiscono il nostro pensiero e cultura, per rifarsi al primo fatto della
propria coscienza, il più immediato, perennemente presente: la volontà di
vivere. Solo da qui si può giungere a una visione ragionata del mondo, il rispetto per la
vita.”
Diceva L. Ron Hubbard “Non c’è criminale
la cui vita criminosa non possa essere fatta risalire a una perdita del
rispetto di sé. E se dovessimo chiedere a quel criminale che cosa significa
“perdere il rispetto di sé", sentiremmo inevitabilmente la risposta più
pietosa che si possa immaginare: “un giorno ho scoperto che non potevo più
fidarmi di me stesso”. Grandi riflessioni da cui scaturisce la mia…
Per me il rispetto è la mia volontà di
essere riconosciuto dall’altro in qualità di essere vivente con diritto di
dignità e libertà di decisione, atto condiviso, reciproco e che si riproduce, dare rispetto genera rispetto.
Tutto l'universo dovrebbe vivere sotto
l'egida del rispetto, innanzi tutto rispettare se stessi, gli uomini, quindi le piante, gli animali, la
Terra stessa, perché essa vive, respira,dona a piene mani, non va depredata, la
renderemmo sterile, non dimentichiamo mai di riconoscere nella natura la stessa forza che
alberga in noi.
Rieduchiamo al rispetto i giovani
attraverso il nostro esempio, perché sono gli adulti i primi promotori di un
atteggiamento positivo condiviso. Rappresentanti politici, delle istituzioni tutte, genitori, sono coloro che debbono, sottolineo
debbono, essere esempi di specchiato
rispetto verso il prossimo e ciò che li circonda. Solo così questo nobile
sentimento tornerà a vivere nelle strade delle città, nelle case, nei rapporti
tra gli esseri e nel nostro mondo si respirerà umanità.
P.S. Il ragazzo che “entrò timoroso
nell'aula” ha conseguito la maturità liceale, ha tanti amici ed è un bravissimo
rapper. Dalla conoscenza reciproca è nato il rispetto per cui tante mani si
sono strette e prima la classe, dopo
l’intera scuola, si è trasformata in un abbraccio.
Nuccia Isgrò
venerdì 18 novembre 2016
sabato 12 novembre 2016
Che avventura la vita!
Che avventura la vita,
te ne accorgi solo
quando ti fermi
a riflettere.
Nasci, ed inizia la battaglia
per affermare il tuo esserci.
Il tempo passa inesorabile...
Lotta dopo lotta
all'improvviso ti accorgi
che gran parte della tua esistenza
è trascorsa.
Ti vorresti fermare,
magari un po' esausta,
le forze non sempre all'altezza
poi, un pianto di neonato,
una manina che stringe la tua,
ti accarezzano il cuore,
comprendi che ancora la vita
ti riserva amore.
foto dal web
giovedì 3 novembre 2016
E s'affacia sul mondo
...e s'affaccia sul mondo
fiducioso nella vita.
Lo guardo,
mi commuovo,
ne colgo i respiri regolari.
Lievamente gli carezzo la manina
temo di fargli del male,
quella nuova pelle
esige rispetto.
Gli osservo gli occhi socchiusi,
vorrei carpirne il colore,
lui li richiude
sulla luce del giorno .
Emette un sospiro,
forse rimpiange
il grembo materno,
in cui le voci ovattate
sono ninna nanna,
e lui è al riparo dal male del mondo.
Si ripaga dalla naturale separazione
volgendo la boccuccia al pugnetto.
Lo mette in bocca,
succhia goloso le dita paffute,
come fossero novello ciuccio.
Appagato si quieta.
Che miracolo la vita!
A Davide
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fiducioso nella vita.
Lo guardo,
mi commuovo,
ne colgo i respiri regolari.
Lievamente gli carezzo la manina
temo di fargli del male,
quella nuova pelle
esige rispetto.
Gli osservo gli occhi socchiusi,
vorrei carpirne il colore,
lui li richiude
sulla luce del giorno .
Emette un sospiro,
forse rimpiange
il grembo materno,
in cui le voci ovattate
sono ninna nanna,
e lui è al riparo dal male del mondo.
Si ripaga dalla naturale separazione
volgendo la boccuccia al pugnetto.
Lo mette in bocca,
succhia goloso le dita paffute,
come fossero novello ciuccio.
Appagato si quieta.
Che miracolo la vita!
A Davide
Immagine dal web
giovedì 27 ottobre 2016
Maschera
Sola allo specchio m’osservo
né pianto, né cicatrici sono visibili.
L’animo sfilacciato nascosto da un sorriso.
Improvvisa, mentre mi scruto,
s’affaccia il patimento,
timoroso appare
perché gli altrui sguardi teme.
Come diga che irrompe le barriere,
il dolore a piene mani sgorga
cancellando la maschera felice…
E il volto si raggrinza,
come carta velina stropicciata
da dita inesperte,
le rughe prendono sopravvento,
segnano guance, bocca, occhi e
lo sguardo si cela d’antica saggezza.
Non posso svelarmi,
scalpiccio alle mie spalle…
Ricompongo la maschera
che illude gli altri ma non me.
Nuccia
NONOSTANTE TUTTO
Rigiro
tra la mani un anello… apparteneva a mia nonna, adesso è mio.
Mi
capita, a volte, di prenderlo da una scatola in cui ho riposto oggetti a me
molto cari che rappresentano le mie radici.
Oggi
sul lavoro, ho avuto momenti di stress, quindi giunta a casa ho chiesto
“conforto” ai ricordi più intensi.
Infilo
l’antico anello al dito, ne accarezzo la pietra centrale, un piccolo rubino
attorniato da una miriade di brillantini. Nonostante sia un gioiello del 1920,
è ancora molto bello e la patina del tempo gli dona un’aurea di eternità.
Guardandomi
la mano, mi sovviene alla mente il racconto della nonna materna, quando era una
giovane donna e lei saggiamente mi diceva “ Vedrai, arriverà l’uomo giusto, lo
sentirai subito, il tuo cuore mancherà di un battito. Ti donerà un anello che
terrai con te tutta la vita e ti parlerà del suo amore.”
Io naturalmente sorridevo, non le prestavo
molta attenzione anche se adoravo questa nonna così romantica che, della sua
saggezza mi faceva dono. Appena potevo le dedicavo il mio tempo.
Un giorno, non lo dimenticherò mai, mi chiamò
vicino a sé …
“Vieni
tesoro, devo darti una cosa molto importante.” Disse la nonna.
Io
mi sedetti accanto a lei … ultimamente la sua salute era più cagionevole, si
ammalava facilmente. In casa la guardavamo tutti con trepidazione, nessuno
voleva perderla, cercavamo di accontentarla e coccolarla.
“Dimmi
nonna …” le dissi dolcemente.
“Vai
nella mia stanza, apri il “baule” proprio in fondo c’è una scatolina. Prendila,
per favore.”
Feci
come lei mi chiedeva.
Trovai
quanto voleva e glielo portai.
“Cara
Nuccia , questa scatolina racchiude
tanto amore.” Sussurrò.
La
aprì e mi fece vedere il bellissimo anello.
“Questo
me lo regalò il nonno quando diventai
sua sposa. Sapessi quanti sacrifici per donarmelo!
Era
da poco finita la prima guerra mondiale, soldi pochi e tanto dolore intorno.
Nonno, che era stato un marinaio sommergibilista, era tornato dal conflitto e
si era messo subito a lavorare come falegname. Eravamo vicini di casa,
praticamente eravamo cresciuti insieme e quando era partito per combattere, mi aveva promesso che sarebbe tornato sano e
salvo, solo se io lo avessi aspettato.
Furono
anni di miseria e terrore, poi per fortuna la guerra finì ed io e il nonno
potemmo di nuovo stare insieme. Come
pegno d’amore mi aveva confezionato, prima di partire, proprio con le sue mani,
un piccolo anellino di fil di rame promettendomi che appena avesse potuto lo
avrebbe sostituito con uno d’oro.
Ma
ti giuro cara Nuccia, a me non importava. Lo tenevo sempre al dito, anche se
col tempo si era un po’appannato. Io allora lo toglievo e lo pulivo con il
limone fino a farlo risplendere. Per me era importante. In quel periodo nonno lavorava tantissimo,
doveva sostenere economicamente anche la sua famiglia. Il padre era morto e
doveva provvedere alle necessità della madre e della sorella più piccola.
Potevamo vederci solo di sera, dopo il
lavoro. Alcune volte era talmente stanco che mi dava un bacio e si addormentava
sulla sedia, appoggiando la sua testa
sulla mia spalla.
A
me bastava averlo vicino, sentire il suo respiro accanto al mio, sognare di
poterci sposare e avere una casa tutta per noi. Ma il tempo passava, soldi
sempre pochi e il matrimonio si allontanava sempre più.
Un
giorno di primavera, non lo scorderò mai, era appena tornato dalla falegnameria,
gli abiti sporchi di segatura, mi aveva preso per mano e portandomi in un angolo del giardino,
lontani dallo sguardo vigile di mia
madre, mi aveva detto “Facciamo la “fuitina” soldi per la festa di matrimonio non
ne abbiamo. Dopo ce ne andiamo a casa di
mia zia, ha una stanza libera, ce la darà fino a quando non potremo avere una
casa tutta per noi. Ti prego, ti amo tanto!” Io innamorata e consapevole della
povertà che ci circondava gli chiesi solo un favore, ne avremmo parlato alle
rispettive famiglie, se loro fossero state d’accordo, avrei accettato anch’io.
Fu così cara Nuccia, due settimane dopo, uscii da casa all’alba, era domenica.
Era ancora presto, in giro nessuno, mia madre mi aveva baciato con le lacrime
agli occhi, mio padre mi aveva abbracciato in silenzio e con la loro
benedizione avevo raggiunto il mio amato che mi attendeva all’angolo della via.
Avevo indossato l’abito della domenica, in testa un foulard di pizzo bianco,
dono di mia madre, un mazzolino di
pratoline in mano, mi sentivo una sposa. Nonno aveva indossato l’unico
vestito che aveva ed usava solo per le occasioni importanti. Ma eravamo felici…
Il
mio amato mi prese per mano ed insieme andammo dal nostro amico e prete Carmelo. Entrammo nella sacrestia
della sua chiesa, dove lui ci attendeva.
“Cari
ragazzi benedico la vostra unione” ci disse segnandoci con l’acqua santa, e il
nonno sai cosa fece ? Prese dalla tasca dei pantaloni un involucro avvolto nel
suo fazzoletto. Lo scartò, lo aprì : era questo anello. Gli dissi meravigliata
“Ma dove lo hai preso?”
“Tranquilla,
disse vedendo la mia faccia sbalordita,
ho sistemato i mobili della casa di Don Ciccio, ogni sera dopo il lavoro e di
domenica, ho lavorato per lui, in cambio mi ha dato questo anello. L’ho fatto per mesi!” Mi prese la mano sinistra, mi tolse
l’anellino di fil di rame e infilò il nuovo anello.
Vedi
questo gioiello rappresenta, dedizione, fatica, passione, amore eterno. Sì
eterno perché io e il nonno ci siamo amati davvero, per sempre. Solo la morte
ci ha divisi. Ora lo dono a te.
Avevo
conservato anche l’anellino di rame ma col tempo, a forza di pulirlo col limone
l’ho praticamente disintegrato.” disse sorridendo e continuò…
“Quando
ti sentirai sola, triste, sfiduciata, prendilo tra le tue mani, ricordati di
noi nonni, di quanto ci siamo amati e quante difficoltà abbiamo superato.
L’amore vero unisce non divide, supera non fugge, lenisce e non addolora. Un
giorno lo darai a chi ami e racconterai di me, del nonno, della nostra povertà
e di questo meraviglioso anello e nel ricordo saremo eterni…” Così dicendo me
lo mise tra le mani e chiuse gli occhi visibilmente stanca.
Nonna
morì qualche tempo dopo, ma questo anello mi fa ancora compagnia, perché non è
solo un gioiello ma racconta una eterna storia d’amore.
Immagini dal web
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