giovedì 27 ottobre 2016

Maschera


Sola allo specchio m’osservo
né pianto, né cicatrici sono visibili.
L’animo sfilacciato  nascosto da  un sorriso.
Improvvisa, mentre mi scruto,
s’affaccia il  patimento,
timoroso appare
perché gli altrui sguardi teme.
Come diga che irrompe le barriere,
il dolore a piene mani sgorga
cancellando la maschera felice…
E il volto si raggrinza,
come carta velina stropicciata
da dita inesperte,
 le rughe prendono sopravvento,
segnano guance, bocca, occhi e
lo sguardo si cela d’antica saggezza.
Non posso svelarmi,
scalpiccio alle mie spalle…
Ricompongo la maschera
che illude gli altri ma non me.
Nuccia

NONOSTANTE TUTTO





Rigiro tra la mani un anello… apparteneva a mia nonna, adesso è mio.
Mi capita, a volte, di prenderlo da una scatola in cui ho riposto oggetti a me molto cari che rappresentano le mie radici.
Oggi sul lavoro, ho avuto momenti di stress, quindi giunta a casa ho chiesto “conforto” ai ricordi più intensi.
Infilo l’antico anello al dito, ne accarezzo la pietra centrale, un piccolo rubino attorniato da una miriade di brillantini. Nonostante sia un gioiello del 1920, è ancora molto bello e la patina del tempo gli dona un’aurea di eternità.
Guardandomi la mano, mi sovviene alla mente il racconto della nonna materna, quando era una giovane donna e lei saggiamente mi diceva “ Vedrai, arriverà l’uomo giusto, lo sentirai subito, il tuo cuore mancherà di un battito. Ti donerà un anello che terrai con te tutta la vita e ti parlerà del suo amore.”
 Io naturalmente sorridevo, non le prestavo molta attenzione anche se adoravo questa nonna così romantica che, della sua saggezza mi faceva dono. Appena potevo le dedicavo il mio tempo.
 Un giorno, non lo dimenticherò mai, mi chiamò vicino a sé …
“Vieni tesoro, devo darti una cosa molto importante.” Disse la nonna.
Io mi sedetti accanto a lei … ultimamente la sua salute era più cagionevole, si ammalava facilmente. In casa la guardavamo tutti con trepidazione, nessuno voleva perderla, cercavamo di accontentarla e coccolarla.
“Dimmi nonna …” le dissi dolcemente.
“Vai nella mia stanza, apri il “baule” proprio in fondo c’è una scatolina. Prendila, per favore.”
Feci come lei mi chiedeva.
Trovai quanto voleva e glielo portai.
“Cara Nuccia , questa scatolina  racchiude tanto amore.” Sussurrò.
La aprì e mi fece vedere il bellissimo anello.
“Questo me lo regalò il nonno quando  diventai sua sposa. Sapessi quanti sacrifici per donarmelo!
Era da poco finita la prima guerra mondiale, soldi pochi e tanto dolore intorno. Nonno, che era stato un marinaio sommergibilista, era tornato dal conflitto e si era messo subito a lavorare come falegname. Eravamo vicini di casa, praticamente eravamo cresciuti insieme e quando era partito per combattere,  mi aveva promesso che sarebbe tornato sano e salvo, solo se io lo avessi aspettato.
Furono anni di miseria e terrore, poi per fortuna la guerra finì ed io e il nonno potemmo di nuovo stare insieme.  Come pegno d’amore mi aveva confezionato, prima di partire, proprio con le sue mani, un piccolo anellino di fil di rame promettendomi che appena avesse potuto lo avrebbe sostituito con uno d’oro.
Ma ti giuro cara Nuccia, a me non importava. Lo tenevo sempre al dito, anche se col tempo si era un po’appannato. Io allora lo toglievo e lo pulivo con il limone fino a farlo risplendere. Per me era importante.  In quel periodo nonno lavorava tantissimo, doveva sostenere economicamente anche la sua famiglia. Il padre era morto e doveva provvedere alle necessità della madre e della sorella più piccola. Potevamo vederci solo di sera,  dopo il lavoro. Alcune volte era talmente stanco che mi dava un bacio e si addormentava  sulla sedia, appoggiando la sua testa sulla mia spalla.
A me bastava averlo vicino, sentire il suo respiro accanto al mio, sognare di poterci sposare e avere una casa tutta per noi. Ma il tempo passava, soldi sempre pochi e il matrimonio si allontanava sempre più.
Un giorno di primavera, non lo scorderò mai, era appena tornato dalla falegnameria, gli abiti sporchi di segatura, mi aveva preso per mano  e portandomi in un angolo del giardino, lontani dallo sguardo  vigile di mia madre, mi aveva detto “Facciamo la “fuitina” soldi per la festa di matrimonio non ne abbiamo. Dopo ce ne andiamo  a casa di mia zia, ha una stanza libera, ce la darà fino a quando non potremo avere una casa tutta per noi. Ti prego, ti amo tanto!” Io innamorata e consapevole della povertà che ci circondava gli chiesi solo un favore, ne avremmo parlato alle rispettive famiglie, se loro fossero state d’accordo, avrei accettato anch’io. Fu così cara Nuccia, due settimane dopo, uscii da casa all’alba, era domenica. Era ancora presto, in giro nessuno, mia madre mi aveva baciato con le lacrime agli occhi, mio padre mi aveva abbracciato in silenzio e con la loro benedizione avevo raggiunto il mio amato che mi attendeva all’angolo della via. Avevo indossato l’abito della domenica, in testa un foulard di pizzo bianco, dono di mia madre, un mazzolino di  pratoline in mano, mi sentivo una sposa. Nonno aveva indossato l’unico vestito che aveva ed usava solo per le occasioni importanti. Ma eravamo felici…
Il mio amato mi prese per mano ed insieme andammo dal nostro  amico   e prete Carmelo. Entrammo nella sacrestia della sua chiesa, dove lui ci attendeva.
“Cari ragazzi benedico la vostra unione” ci disse segnandoci con l’acqua santa, e il nonno sai cosa fece ? Prese dalla tasca dei pantaloni un involucro avvolto nel suo fazzoletto. Lo scartò, lo aprì : era questo anello. Gli dissi meravigliata “Ma dove lo hai preso?”
“Tranquilla, disse vedendo  la mia faccia sbalordita, ho sistemato i mobili della casa di Don Ciccio, ogni sera dopo il lavoro e di domenica, ho lavorato per lui, in cambio mi ha dato questo anello. L’ho fatto  per mesi!” Mi prese la mano sinistra, mi tolse l’anellino di fil di rame e infilò il nuovo anello.
Vedi questo gioiello rappresenta, dedizione, fatica, passione, amore eterno. Sì eterno perché io e il nonno ci siamo amati davvero, per sempre. Solo la morte ci ha divisi. Ora lo dono a te.
Avevo conservato anche l’anellino di rame ma col tempo, a forza di pulirlo col limone l’ho praticamente disintegrato.” disse sorridendo e continuò…
“Quando ti sentirai sola, triste, sfiduciata, prendilo tra le tue mani, ricordati di noi nonni, di quanto ci siamo amati e quante difficoltà abbiamo superato. L’amore vero unisce non divide, supera non fugge, lenisce e non addolora. Un giorno lo darai a chi ami e racconterai di me, del nonno, della nostra povertà e di questo meraviglioso anello e nel ricordo saremo eterni…” Così dicendo me lo mise tra le mani e chiuse gli occhi visibilmente stanca.
Nonna morì qualche tempo dopo, ma questo anello mi fa ancora compagnia, perché non è solo un gioiello ma racconta una eterna storia d’amore.
Immagini dal web
 

 



lunedì 24 ottobre 2016

LA SUA SOLITUDINE


Il silenzio non teme,
non le fa paura.
La sua quiete è colma di rumori,
solo lei li ode e li nutre.
Sono voci di un passato lontano,
sono carezze vissute nel ricordo,
sono sospiri di un amore mai dimenticato,
sono frastuoni di una guerra vissuta,
sono tempi di un passato sempre presente.
Nuccia
a mia madre

sabato 22 ottobre 2016

Marinaio non identificato ,guerra del '43

M'incammino lungo il viale
che al sacrario porta.
Ho un fiore tra le mani
lasciarlo voglio al ricordo di chi fu.
D'un tratto leggo
su bianca lapide fredda.
"Marinaio non identificato"
e il cuore mi salta d'un battito...
T'immagino giovane, algido di vita,
chiamato alla battaglia,
lasci la casa paterna
tra lacrime, abbracci, promesse,
sicuro d'esser immortale...
Invece tra fredde acque
la vita t'abbandona.
I poveri resti ripresi
senza un nome posero
in uno marmoreo giaciglio
a memoria futura.
Quanti, abbracciando ideali,
furon come te indomiti
lottando per Italia migliore.
Rammarico mi coglie,
oggi son pochi quelli
 che la Patria rispettan,
non lo fanno i potenti,
illudendosi immortali,
i furbi deruban  gli onesti,
 altri subiscono,
attendono giorni migliori.
Giovane marinaìo senza identità
per te un grazie e una prece
sgorga dal cuore di tutti,
per gli altri il disprezzo
eternamente li seguirà.

 Immagine dal web
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giovedì 13 ottobre 2016

UMANITA'?



E volgo  lo sguardo altrove,
ancora.
Non voglio esser spettatore di morte,
di volti striati dal pianto,
di braccia tese fino allo spasimo
verso una mano che salvi.

E chiudo gli orecchi.
ancora.
M'impedisco di sentire voci strazianti,
grida d'aiuto in lingue sconosciute,
 preghiere antiche.

Mi serro dietro indifferenza,
ancora.
Congelo il mio cuore,
mi riparo dal dolore altrui,
mi rendo sterile.

Nuccia Isgrò

Foto dal web

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lunedì 10 ottobre 2016

Quando




Quando ti vivo, Milazzo mia,
avverto il cor che s’apre su orizzonti senza limiti,
laddove cielo e mare si  saldan  in un unico abbraccio.
L’ onda che sciaborda, come  nenia  celestiale,
mi porta a tempi andati, che vedean le donne lavar la lana
nell’ acque tue di blu profonde.
Quando lontana son da te, Milazzo mia,
la nostalgia mi stringe il petto,  chiudo gli occhi,
 così mi par di camminar lungo acciottolii pietrosi
 che al maniero, sovrastante  la tua piana, conducon.
 E sembrami  d’udir, se presto orecchio ,
 lo sferragliar di cavalieri  che al bastione  giungono prostrati
 e della storia son divenuti memoria.
Quando sogno di te, Milazzo mia,
delle chiese odo le campane,
rivedo gli altari  istoriati d’ umana arte,
con  gli affreschi   innalzanti  alla gloria,
cui la mano dell’uomo  al divin han fatto dono.
Quando spero di  te, Milazzo mia,
vorrei che  amor  t’avvolgesse tutta, come manto che tutela.
Mi piacerebbe che  rispetto  di storia e di  natura tua
fosser  il primo pensier  per tutti,
perché di tale incanto si possa ancor godere
 e non rivivere o rimpiangere  su cartoline ingiallite dal tempo.
T’amo Milazzo mia.
Nuccia Isgrò 

Immagine dal web

ò

mercoledì 5 ottobre 2016

Come fiore reciso




Sull’asfalto lucido di pioggia
intravedo,
 tra tremolii d’acqua,
un fiore reciso.
E’ abbandonato come oggetto
che più non serve.
La corolla reclinata,
i petali sciupati,
lo stelo spezzato,
le foglie  schiacciate,
 forse da  auto di passaggio.
Mi avvicino  e, improvviso,
 tutto mi riporta te,
amor mio,
 quando  un fato ingrato
ti colse per la via
lasciandoti  le membra scomposte.
le vesti stracciate,
le palpebre abbassate sulla vita.
 Raccolgo il misero fiore,
lo cullo sul palmo,
lo avvicino al viso,
 ne aspiro l’ultimo profumo.
Mi sovviene il volto tuo
nell’estremo  anelito ,
quando  credevo
 bastasse amor  di mamma
 a ridonar esistenza.
Come  fiore reciso
che s’abbandona nella mano mia,
nulla potei per riportarti a me.
 La vita tua,  inesorabilmente,
tra le mie braccia
volò via.

CHI SONO IO




Chi sono io  per dirti che fare
quando io stessa brancolo nel buio
 e l’incertezza è  compagna dei miei passi…
Chi sono io per indicarti  la strada
se i pensieri miei sono  grovigli di funi
con intricati nodi che  non permettono l’agire.
Chi sono io per dirti : Amami!
Quando io stessa per sotterfugi vivo
e di un tuo  bacio posso solo ideare.
Chi sono io per dirti : Fuggi.
Se io stessa di andare ho paura
 e rimando scelte a un  tempo che non ho.
 Chi sono io  per dirti  che il  presente
 c’incatena i piedi a  una terra  senza sogni,
quando io stessa  di miraggi vivo!
Nuccia Isgrò