martedì 24 aprile 2018

LUI… VERRA’


                                            
Da diverso tempo mi sentivo seguita, era come se occhi profondi mi spiassero ovunque: al lavoro, in chiesa, nei negozi, al ristorante.… in casa. Mi voltavo e non vedevo nessuno o almeno così mi sembrava. Avevo preso l’abitudine di uscire da casa, anche per andare al lavoro, in orari sempre diversi, me lo potevo permettere, ero una libera professionista. Non mi recavo per due volte di seguito nello stesso panificio o in qualsiasi altro negozio. Se andavo a piedi, spessissimo mi fermavo davanti alle vetrine, non per guardare la merce, solo per vedere se qualcuno mi spiasse. Forse stavo impazzendo ma la sensazione era troppo forte, io lo sentivo…Avevo fatto installare in casa, un bellissimo appartamento al decimo piano di un nuovo palazzo, zona residenziale, delle telecamere sofisticatissime, coglievano qualsiasi movimento che poi rimandavano tutto al mio computer. Ormai ogni sera, appena tornata a casa, lo accendevo e controllavo. Le finestre le avevo oscurate con delle pesanti tende di cotone blu scuro, non facevano filtrare alcuna luce all’esterno. In fondo erano anche inutili, non alzavo neppure le serrande il mattino, in modo che chi mi spiasse non potesse comprendere se fossi stata in casa o meno. Avevo deciso di acquistare la maggior parte della merce che mi serviva da internet, per cui, in un certo senso, avevo diradato le mie passeggiate per shopping, ma, non m’interessava poi così tanto uscire, quegli occhi che mi trafiggevano la schiena erano un vero tormento. Il cibo lo facevo recapitare al custode, un brav’uomo, che conoscevo da anni, me lo metteva dietro la porta di casa, in un bel cestone ed io poi, dopo aver appurato che non ci fosse nessuno sul pianerottolo, lo ritiravo in tutta fretta. Prima però, osservavo attentamente dall’interno, tramite uno spioncino che mi ero fatta installare sulla porta di casa. Era un congegno eccezionale poiché si accendeva ogniqualvolta qualcuno passava e inoltre aveva un dispositivo che mostrava l’immagine esterna a 360°, in sostanza ruotava su un perno invisibile. Sì mi sentivo sicura, ma non al cento per cento. E’ vero ultimamente ero uscita pochissimo, lavoravo da casa e anche i pochi amici che avevo si stavano allontanando sempre più a causa dei miei dinieghi davanti a richieste di serate in compagnia. Onestamente non sono mai stata molto amichevole o buontempona e poi mi dicevo sempre ”Quando tutto finirà, tornerò a uscire con gli altri”. L’altra sera, ad esempio, ho preso una paura allucinante. Stavo lavorando al computer quando il suono del campanello mi ha sottratto alla relazione che stavo scrivendo. Ho immediatamente chiuso il dispositivo e qualsiasi altra luce e, facendo attenzione a non procurare rumore, mi sono avvicinata allo spioncino di casa. Non si vedeva nulla, era stato oscurato da  qualcosa di nero. Il cuore mi batteva all’impazzata, un sudore freddo mi è sceso lungo la schiena, addirittura ho sentito un rantolo che sussurrava “Vedrai, arriverò a te!” Un capogiro mi ha colta, mi sono sdraiata a terra, proprio ai piedi della porta, senza accorgermene ho iniziato a piangere. La tensione mi ha serrato la gola…forse ho perso i sensi. Quando ho ripreso conoscenza, mi sono faticosamente alzata, mi sono sentita debolissima e sola. Forse devo mangiare di più, ultimamente non seguo una dieta sana, mi cibo quando ho voglia, alcune volte salto i pasti. Mi sono accorta che i vestiti mi pendono addosso, dovrei pesarmi, credo di essere dimagrita un po’. Non mi guardo allo specchio, anche perché li ho coperti con degli asciugamani, ho usato lo scotch per avvolgerli ben bene. Ho paura che specchiandomi possa vedere quegli occhi alle mie spalle. Meglio evitare. Il campanello suona, naturalmente non apro. Non aspetto nessuno. Si stancherà, chiunque sia.  Mi guardo attorno, la luce della luna filtra da una tenda. Devo chiuderla immediatamente. Tentoni mi alzo, sbatto contro qualcosa. Il rumore prodotto mi atterrisce…lui sentirà! La casa avrebbe bisogno di una sistemata, lo farò domani. Cerco di riavviarmi i capelli, ma sono stopposi. Le dita rimangono impigliate nelle ciocche…dovrei lavarli, domani lo farò, si domani. Squilla il cellulare, con le dita tremanti lo prendo, mi scivola a terra. Il rumore sordo della caduta mi annienta. Lo riprendo, riconosco il numero del custode, rispondo “Pronto sì, tutto a posto. Ero sotto la doccia, per questo non ho aperto. No grazie, non mi serve nulla. Sì non sono uscita, ho un po’ d’influenza. No grazie, non ho bisogno di nulla. Grazie!” E chiudo, il custode sta ancora parlando ma io ho avvertito un rumore sulla tapparella chiusa della cucina. Carponi mi avvio. Fuori ormai è buio. Dovrei prepararmi qualcosa da mangiare ma la paura mi attanaglia le viscere e poi, se accendessi la luce, LUI potrebbe vedermi. Ho sete, i bicchieri sono tutti nel lavandino, sono sporchi. Apro il rubinetto, uno mi scivola dalle mani, forse mi ha ferita, forse. Con orrore mi accorgo che tocco  un liquido vischioso, lo assaggio,ha un sapore metallico: è sangue! Inorridita, mi guardo le mani, ne sono ricoperte. Vado in camera, alla rinfusa apro tutti i cassetti e prendo quello che mi capita, in testa un solo pensiero: tappare tutte le fessure, fossero anche gli scarichi del bagno. E’ quello che faccio, sono percorsa da un’adrenalina che non ha nulla di razionale, lo so, ma la paura è troppa, è tanta…LUI mi raggiungerà e mi ucciderà. Dopo un paio d’ore, sfinita dal continuo lavoro, mi abbandono sul letto o meglio quello che rimane di esso. Ho deciso di trascinarlo sotto la finestra per cui se Lui entrasse, avvertirei subito la sua presenza. Ho tolto la testiera, era in legno intarsiato, l’ho ridotta a pezzi, quei bastoni mi serviranno per difendermi. Non so da quante notti non dormo o se lo faccio è solo un dormiveglia, LUI potrebbe sorprendermi ed uccidermi. Le lenzuola sono sporche, ma non importa, le laverò domani o dopo, quando tutto sarà finito. Ho svuotato la libreria e con i diversi tomi ho costruito un muro di difesa. Sì, devo difendermi, non mi avrà facilmente. Squilla il cellulare, lo cerco in quell’enorme confusione, per fortuna al buio scorgo la luce del display. Troppo intensa quella luce, nel buio totale della mia casa. Lo afferro e con tutta la rabbia che ho addosso, lo lancio contro la parete. Si disintegra in molti pezzi, ha smesso di suonare, era quello che volevo!L’oscurità è completa ma sento uno scalpiccio sul pianerottolo e qualcuno che bussa violentemente. “Signorina Maria, signorina Maria, apra sono la sua vicina. Ho sentito un tonfo, sta male? Ha bisogno di qualcosa?” Non rispondo, lentamente mi avvicino allo spioncino, vedo un occhio che cerca di guardare all’interno. Lo so, è LUI. Può cambiare voce, fattezze, colori, pur di raggiungermi. L’iride è una pozza di sangue, mi sembra di avvertire il rantolo che lo contraddistingue “Ti avrò, è tutto inutile!” Boccheggio, mi mordo le dita per non gridare, strisciando a terra raggiungo il bagno e inizio a vomitare. Un tanfo invade la stanza, non riesco neppure lavare quella sporcizia, trema tutto il mio corpo! Mi rifugio in cucina, chiudendomi la porta alle spalle. Mi siedo a terra e inizio a mangiarmi le unghie, strano i miei polpastrelli sono sotto i denti e con rabbia li mordo fino a rosicchiarli. Il dolore che provo mi è di conforto. Avverto il sangue che mi scorre lungo le mani, inonda le braccia, non importa, devo resistere. Appoggio la schiena al muro, e aspetto…aspetto. Non so quanto tempo è trascorso, forse ho dormito, magari sono nuovamente svenuta, il sole sorto occhieggia, tra i pannelli delle tende, nella stanza oscurata. Un nuovo giorno? Meglio morire!Non è vita la paura, il timore di divenire preda, cibo di una belva. Quando è iniziato tutto? Non lo so, ma so che finirà presto. Con le ultime forze rimaste mi alzo e prendo il coltello affilato che usavo per tagliare le costolette d’agnello. Quanti secoli fa li cucinavo per LUI…Sì Lui, l’amore che diventa carnefice. L’amore che non è amore e che giura di eliminarti, di farti a pezzi, di venderti ad altri uomini. LUI che prima t’incanta e poi ti perseguita. LUI che minaccia la tua famiglia… Nessuno mi ha creduto quando l’ho denunciato “Signorina ma cosa dice, una persona così perbene, così in vista! Impossibile, si prenda cura di se stessa!” E le lettere, le foto scattate all’insaputa. Facile a dirsi, devo mostrare al mondo chi è Lui, come mi ha distrutto la vita. La mia vita e la mia morte saranno un  monito per tutte le donne. Lacrime mi rigano il volto sfatto, prendo il coltello, mi siedo a terra e incido, incido, incido la mia carne. Un tonfo, la porta blindata cade “Eccola, presto chiamate  i soccorsi!!!” Urlano.“Bambina mia,resisti!”Mani amorevoli mi cullano. Riconosco la voce di mia madre, sorrido, chiudo gli occhi.
Nuccia
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