mercoledì 9 novembre 2022

Halloween

 

 

Quest’anno non mi avrebbero colta di sorpresa quei “quattro mocciosi” che lo scorso anno mi avevano quasi distrutto il giardino al mio diniego di aprire il portone di casa. 

Cos’era successo? Insomma quella sera al lavoro avevo ricevuto la notizia del mio licenziamento, io che mi credevo insostituibile! Invece ero stata mandata via! Non sto a raccontarvi la rabbia, la delusione e si anche il dolore. Io ci credevo in quel lavoro ma il “covid” aveva portato a una riduzione del personale, causa crisi economica del settore e io…a casa! Potevo mai festeggiare un evento in cui non credevo, che ritenevo inutile? Perché celebrare la morte, l’orrido, il mostruoso? Da piccola non esisteva! Ricordavo la sera prima della festa dei morti , quando le anime di chi non era più con noi venivano a trovarci. Nonna mi faceva mettere un bicchiere colmo d’acqua sul tavolo, perché affermava che i “morticini” venivano a trovarci, avrebbero avuto sete e poi, dopo essersi dissetati, avrebbero lasciato i dolcini. Ecco che la morte si univa alla vita dolcemente. 

Quest’anno i piccoli mostri li avrei accolti “a modo mio”. 

Avevo acquistato decorazioni che definire orride era un palliativo. Ragnatele e ragni assurdamente mostruosi e veritieri che al primo refolo di vento muovevano le zampacce pelose. Come se non bastasse gli occhi degli stessi erano fosforescenti, quindi impressionanti. E poi pipistrelli con inverosimili ali uncinate, una strega ad altezza naturale che avevo posizionato su di una vecchia scopa proprio sull’alberello, in verità striminzito, che a malapena riusciva a reggerla. Le zucche rigorosamente scavate dalle pazienti mani di mia madre con al centro i lumini da cimitero accesi…e poi avevo registrato urla, sospiri, rumori improvvisi, come porte cigolanti, catene e chi più ne ha ne metta. Avevo poi chiesto al mio collega di lavoro, sì ora ho un nuovo lavoro, molto bravo in informatica a collegare il tutto al mio computer che avrebbe attivato l’orrido sonoro appena il campanello del portone sarebbe squillato. Al colmo della mia vendetta avevo legato diversi recipienti colmi d’acqua ad una corda tesa tra il povero alberello, già piegato dal peso della strega, e l’inferriata della finestra. Accanto avevo posizionato un bastone per il gioco della pentolaccia.Sì tutto era pronto, già pregustavo la paura di quei disturbatori e le corse per andar via. Mi sedetti sulla poltrona ad aspettare e…improvvisamente mi vennero in mente i volti di quei bimbi, in fondo li conoscevo tutti o quasi…

Luigino dallo sguardo fiducioso e birichino, Lucilla dalle trecce bionde che dava sempre la mano alla sorellina più piccola, Francesco che si sentiva un ometto ma appena poteva giocava con qualsiasi aggeggio, Paolo e le sue scorribande in bicicletta, Alessandro che mi salutava e mi faceva l’occhiolino come il più grande dei corteggiatori, Giulietta dolcissima dal sorriso timido, Gaia  scanzonata, Davide che un giorno mi chiese se mi poteva aiutare ad attraversare la strada, anche se sapeva che potevo farlo da sola, ma doveva compiere una buona azione…

Mi venne il magone e capii che non potevo deluderli anche quest’anno. Andai in cucina e raccattati tutti i dolciumi disponibili in casa, presi un cestino e ve li deposi, chiusi il computer per evitare che s’innescassero quei rumori devastanti  preparati precedentemente, tolsi il bastone dal giardino , accesi tutte le luci e attesi che i bambini arrivassero. No, non potevo deluderli! 

Hallween? Oh yes anche per me.

 238.281 foto e immagini di Halloween - Getty Images

 

Prendimi per mano

 

Prendimi per mano

Prendimi per mano per non farmi cadere

Perché nella vita io possa ancora credere.

Stringi la mia mano

Anche se non attraversiamo nessun problema

 e semplicemente stiamo percorrendo la vita.

Prendi la mia mano perché il calore della tua

Attraversi la mia e di non essere da sola mi darà prontezza.

Afferra la mia mano se vedi che un ostacolo sta per colpirmi

E allontanami da ogni pericolo se puoi

E allora anche il dolore sarà più lieve.

Prendimi per mano come fossi piccina

Anche se non lo sono

E i ricordi saranno più vividi e li condivideremo.

E sarò bimba e sarò donna ,

sarò amante e sarò compagna,

sarò sostegno o semplicemente appoggio

ma prendi la mia mano

intreccia le tue dita con le mie

come tralci di vite ad un sostegno…

Prendi la mia mano

Non mi lasciare mai.

Emma Lu Griffin on Twitter: "Non credo a loro, alle parole ...

 

La bambina che parlava alla luna



 

La bambina che parlava alla Luna

 

Luce era una bambina speciale perché non voleva parlare pur sentendoci benissimo.

Quando era nata, nove anni fa, mamma e papà si erano innamorati di questa bambina bellissima, bionda e rosea come un fiore, una boccuccia simile ad un bocciolo e delle manine paffute che sembravano voler acchiappare tutto, anche l’aria. Crescendo era diventata sempre più bella, unico cruccio continuava a non voler parlare pur sapendolo fare.

I medici dopo infinite visite ed esami avevano detto ai genitori che la bambina stava benissimo perché poteva parlare ma lo avrebbe fatto solo quando lo avesse voluto, con chi lei gradiva o le ispirava fiducia.

Luce e la luna

Un luogo amato particolarmente da Luce era la Baia del Tono, posto magico di Milazzo dove si raccontava vivessero le Sirene.

Papà e mamma la portavano spesso perché fin da subito si accorsero che la bimba ne era ammaliata. Appena vi arrivava, Luce si fiondava sulla spiaggia e sottovoce sembrava mugolare una canzone. Era come una dolce nenia, senza parole solo un impercettibile “mmmmmh” che toccava le corde del cuore per la sua dolcezza. Se il mare era calmo Luce entrava in acqua e non ne usciva più, giocava felice in pace con se stessa e la natura. Se invece il mare era tempestoso si sedeva sulla spiaggia, lo osservava attentamente e poi su un foglio riproduceva le onde. Era talmente brava che anche molti curiosi le si avvicinavano per osservare meglio i suoi disegni, i complimenti fioccavano a profusione!

Gli anni passavano e Luce cresceva sempre bellissima e con un gran talento nel disegno, ma di comunicare con tutti proprio non ne aveva voglia.

Mamma e papà iniziavano a preoccuparsi seriamente, come avrebbe potuto Luce trovarsi bene in un ambiente estraneo o in uno lavorativo se non avesse parlato, poi una notte…

La Luna

Avevano cenato presto, mamma e papà erano stanchi dopo una lunga giornata di lavoro. Luce si era soffermata in balcone a guardare le stelle. Il cielo l’aveva da sempre affascinata, sognava di poter viaggiare nello spazio…lo aveva confidato a Maria, la sua amica preferita e l’unica con cui scambiava i propri pensieri. Le aveva detto <<Da grande farò l’astronauta perché voglio andare tra le stelle.>>Maria l’aveva guardata e dopo averla abbracciata le aveva risposto <<Allora devi iniziare a parlare con tutti. Quando sarai tra le stelle dovrai comunicare con i tecnici dell’aereonautica.>>

Luce l’aveva guardata e poi aveva abbassato la testa…a questo non ci aveva pensato. Aveva ragione Maria, era ora di iniziare seriamente a parlare.

Quella sera sul balcone guardando la Luna si era ripromessa che qualche parola in più l’avrebbe detta. Così guardando lo splendido pianeta, che quella notte faceva bella mostra di sé, dopo un sospiro intenso disse<<Cara Luna io voglio raggiungerti, tu che sei così bella dimmi: potrò parlare proprio a tutti senza che gli altri ridano di me?>>

E con occhi pensosi ammirava il cielo come se si aspettasse una risposta….

Ma la Luna stette immobile e zitta. Luce rientrò in casa, chiuse le porte che davano sul balcone e andò a dormire.

Luce deve parlare

Si crogiolava nelle supposizioni Luce, doveva parlare, assolutamente parlare.

È vero lei non amava farlo ma adesso era arrivato il momento giusto. Voleva diventare come “AstroSamantha”? E allora doveva iniziare a interloquire con gli altri. Chiamò il gatto Cagliostro, nome un po' strano per un gatto così dolce, <<Psss…psss>> E subito un miagolio di risposta si sentì. Lo prese in braccio e iniziò <<Piccolino mio>>sussurrava pianissimo Luce<<aiutami tu>>

 Il gattino la guardava sbalordito, non l’aveva mai sentita parlare. Per dimostrare che aveva compreso, con la zampetta le toccava il volto e miagolava flebilmente come se volesse incoraggiarla.

<<Piccolino...io ho paura di parlare. La mia voce è brutta >> sussurrava Luce <<una volta ho sentito l’amica di mamma, la signora Carmela, che diceva quanto fosse sgradevole la mia voce. Pensa io ero piccina e semplicemente piangevo, ricordo ancora lei con le mani sulle orecchie!>> iniziò a singhiozzare Luce. Il gattino spaventato sgattaiolò via. Si rigirava nel letto Luce, non sarebbe stato facile lo sapeva, ma lei sulla Luna ci sarebbe andata, costi quel che costi. Iniziò per Luce un vero e proprio rodaggio… l’indomani mattina alla mamma che le porgeva la tazza con il latte disse <<Grazie mamma.>>

La povera donna non credeva alle proprie orecchie, la guardò e le accarezzò la testa. Al papà che sopraggiunse per la colazione disse <<Buongiorno papà>>

 Il pover’uomo quasi si soffocò col caffè, per la sorpresa gli era andato di traverso…Guardò interrogativamente la moglie che rispose facendo spallucce.

<<Papà, mamma, lo so che vi ho fatto preoccupare ma da oggi ricomincerò a parlare!>>Così dicendo prese lo zaino e fece segno al padre che era ora di andare. In macchina durante il tragitto Luce non disse una parola, era troppo concentrata sul da farsi…Per lei non sarebbe stato facile. Voleva analizzare perché fino a quel momento aveva dialogato così poco…ma non c’era tempo, l’avrebbe fatto una volta tornata a casa, con tranquillità. Ormai era giunta a scuola…e si sa non è facile per una bambina come lei affrontare gli altri.

Per fortuna Maria l’aspettava proprio sul marciapiede. Appena la vide le prese la mano e insieme s’incamminarono verso l’ingresso della scuola. “Non sono sola” pensò Luce e rivolta alla compagna <<Grazie>>

Luce a scuola

Si sedette come sempre all’ultimo banco insieme a Maria. Il cuore le batteva a mille, “devo farcela, devo farcela” pensava Luce. Aveva le lacrime che spingevano dietro le palpebre, volevano uscire prepotentemente, ma lei lo sapeva: oggi doveva essere forte. Non doveva guardare i compagni che la deridevano per la sua timidezza, doveva pensare ad “AstroSamatha”, la sua musa. Magari anche lei veniva presa in giro quando affermava di voler DIVENTARE ASTRONAUTA! La maestra iniziò con l’appello, al suo nome Luce rispose per la prima volta <<Presente!>> trenta volti si voltarono a guardarla. Qualcuno sussurrò <<Allora parla…>> La maestra continuò con l’appello, ma un sorriso le solcava il volto. Fu durante la ricreazione che Francesco, il bulletto della classe, prese per le spalle Luce e con supponenza le disse <<La bella addormentata si è svegliata…che t’hanno baciato?>> Stava per intervenire Maria, ma Luce con grande forza di volontà disse << Ho sempre saputo parlare, ma lo faccio con chi la merita una mia parola!>> E divincolandosi, col cuore a mille, prese la mano di Maria per trarne forza. La giornata scolastica trascorse serenamente per Luce ma con una consapevolezza in più: poteva abbattere il proprio muro di paure e incertezze.

Luce e i suoi sogni

Mamma e papà apparvero più sereni nei giorni a seguire, la loro bimba stava cambiando. Non più parole sussurrate e frasi smozzicate, aveva iniziato ad aprirsi e a parlare. Una sera, con Cagliostro accoccolato sulle gambe, Luce aveva spiegato ai genitori tutte le sue paure, il terrore di non essere capita, lo sgomento del giudizio degli altri, le prese in giro a scuola e il grande aiuto della Luna per sbloccarsi. <<Mamma, papà voi non avete fatto nulla di male, ero io ad aver timore nell’ aprirmi agli altri. Da grande voglio diventare astronauta e poter camminare sulla Luna. L’ho sempre sognato, è un mio grande desiderio. E’ stata la Luna a sbloccarmi e la mia amica Maria mi ha spronato a farlo.>>Così dicendo abbracciò i genitori e poi sempre con Cagliostro tra le braccia   andò a sedersi in balcone ad osservare la Luna che quella sera si mostrava in tutta la sua magnificenza!

Osservandola pensò alle parole che Maria le aveva detto a scuola quella mattina. <<Luce durante la ricreazione devi parlare ai nostri compagni, proprio a tutti. Devi raccontare cosa ti faceva male, perché non parlavi. È importante. Apri il tuo cuore, ti capiranno.>> Aveva concluso la bambina.

Non era facile ma era un passo che avrebbe dovuto fare!

Luce e i compagni

“Oggi o mai più” pensò Luce andando a scuola il giorno dopo. Avrebbe atteso la ricreazione, avrebbe riunito i compagni di classe e avrebbe parlato.

Le ore sembravano lente come non mai, finalmente si sentì la campanella della ricreazione e Luce facendosi coraggio disse <<Potete ascoltarmi un attimo, ho qualcosa da dire a tutti>>

I compagni si guardarono negli occhi e assentirono. Appena la maestra si allontanò per prendere un caffè Luce tenendo per mano Maria iniziò a parlare. La voce sembrava non uscire bene, era roca, solo dopo diversi intensi respiri tornò alla normalità…

<<Come tutti sapete per anni non ho voluto parlare, o meglio non ho potuto. Avevo paura, paura di voi. Temevo che la mia voce fosse brutta, roca, che ciò che potevo dire fosse fastidioso. Sapete cosa significa quando la paura ti stringe la gola, il fiato si fa corto e il terrore ti prende il cuore? Sapete quanto è brutto essere derisi, veder il sorriso di scherno mentre ti guardano o sentire insulti che sono come schiaffi? È quello che ho provato fino ad oggi ogni volta che venivo a scuola, o dovevo andare in un negozio o in qualsiasi luogo pubblico. Ma adesso ho deciso di cambiare. Ho un sogno da realizzare e per farlo debbo comunicare con tutti!>>

I compagni la guardavano sbalorditi, Luce sapeva parlare e anche bene. I più discoli guardavano a terra, si sentivano responsabili del dolore provocato. Francesco si fece avanti, le prese la mano e le disse <<Scusami per tutte le volte che ho riso di te, per le spinte o gli insulti.>>

<<Certo che ti scuso>> rispose Luce e lo abbracciò.

La maestra nel frattempo era stata dietro la porta ad origliare, non voleva essere vista ma si sentiva orgogliosa di quei bambini che sapevano parlarsi, confrontarsi e finalmente chiedere scusa. Ritenne fosse arrivato il momento di rientrare in classe. I bambini appena la videro si sedettero ai propri posti e lei disse <<Lo so che non si fa, ma ho ascoltato Luce e Francesco. Bravi bambini. È sempre importante riconoscere i propri errori o limiti. Ma tu Luce… dimmi cosa ti ha fatto cambiare idea?>>

Luce si alzò e solennemente rispose <<Da grande voglio diventare come AstroSamantha. Fare l’astronauta!>> I compagni la guardarono a bocca aperta: che sogno fantastico! Nessuno aveva un desiderio così grande da realizzare. Tutti convennero che Luce era davvero molto più avanti di loro, sapeva cosa voleva!

Un applauso spontaneo nacque nella classe. Luce non credeva ai propri occhi, allora le volevano bene, l’ammiravano…era stato saggio parlare, forse il futuro sarebbe stato migliore. Con sguardo commosso si guardò attorno e poi si volse verso la finestra: nel cielo la Luna non era visibile ma… c’era e sapeva che l’avrebbe aspettata!

FINE