sabato 3 settembre 2022

Io… alla Fantozzi

 

Non credevo eppure sono finita come Fantozzi!

Vi ricordate il mitico rag. Fantozzi alle prese con il lavoro quando la mattina doveva cercar posteggio e al solito veniva sorpassato dagli altri? Oppure quando suonava la campana che annunciava la fine dell’orario lavorativo? Il fuggi fuggi era generale, alcuni dipendenti si gettavano anche dalle finestre e dai balconi al fine di raggiungere per primi il mezzo che li avrebbe ricondotti a casa…ebbene a me è successo qualcosa di simile.

Annuncio della LIDL: g. 20 dicembre offerta specialissima della cucina in legno ed accessori per bimbi ….

La mia nipotina la desiderava tanto, quindi…

Sveglia all’alba, colazione neanche per sogno, con gli occhi ancora cisposi e un maglione e un pantalone indossati alla meno peggio alle 7,30 sono già dietro i cancelli del supermercato, con me altri nonni disperati inviati dai figli per “l’acquisto dell’anno”.

Mi approprio del primo carrello, scaldo i motori mi mancano accanto i meccanici come nella formula uno, l’atmosfera è uguale, spintonando e sgomitando mi avvicino il più possibile alla porta scorrevole in vetro ancora chiusa. Ci guardiamo gli uni con gli altri con occhiata assassina che è tutto un programma che senza eufemismi avverte “non ci provare la cucina sarà mia”

Nel frattempo inizia una pioggerellina fastidiosa, il freddo è intenso ma nessuno lascia la propria postazione, la folla aumenta…

Le 7,45 debbo pure fare pipì, sarà stato il freddo ma imperterrita aggrappata al mio carrello, che fra parentesi è pure zoppo praticamente una ruota non gira, aspetto l’apertura.

Ci guardiamo gli uni con gli altri, non parliamo, il tempo sembra essersi fermato, sarà anche perché scrutiamo tutti i nostri orologi…Ecco inizia il countdown meno 5…4…3…2…1…le otto! Aperturaaaaa!!!

È come se inforcassimo delle moto, vi giuro mi sembra di sentirne il rombo…ci spingiamo senza vergogna, facendo uno sgambetto e assestando qualche spallata riesco ad entrare, purtroppo il carrello zoppo (maledetto) mi impedisce una maggiore velocità, praticamente lo trascino come un carretto. Un assatanato signore mi afferra per un braccio, mi divincolo e mi strappa pure il maglione….

Mi fiondo verso l’interno e con sguardo da aquila riesco ad individuare lo stand dove si trova l’agognato giocattolo (non solo dalla mia nipotina ma ora anche da me), spingo, strattono, arrivo…m’inginocchio per sgusciare da sotto le gambe degli altri e con un poderoso colpo di reni mi rialzo ed afferro l’oggetto di sì tanto desiderio! Lo metto nel carrello zoppo…mi avvicino alla cesta successiva dove ci sono gli accessori della cucina in questione…arraffo a piene mani, non so neppure cosa prendo, non ha importanza se non quella di togliere materiale dalle grinfie degli altri. Mi sento un’aquila, anche semi manca la capacità di quello sguardo, infatti non vedo una zucchina caduta a terra e ci metto rovinosamente su il piede, ma non sento il dolore della slogatura, debbo portare a termine la missione (non sarà per caso suicida?). Appena mi accorgo di avere abbastanza utensili (non so neppure di cosa) cerco di allontanarmi: una muraglia umana mi blocca.

Ricordando Fantozzi mi abbasso e come un ariete mi apro un varco. Un dolore improvviso mi mozza il respiro, diciamo che sono stata molto energica. Comunque zoppicando vistosamente, il ginocchio e la caviglia mi fanno male, insieme al mio carrello zoppo raggiungo faticosamente la cassa per pagare.

Un signore mi si avvicina e lacrimevole mi fa “…ero venuto per la cucina ma non ce ne sono più! Lei è stata fortunata!”

Io fortunata? Mi viene voglia di azzannarlo se penso alla levataccia, al mio carrello zoppo, alle sgomitata, allo strappo sulla maglia e al dolore che ora mi percuote la gamba fino all’anca.

Rispondo con un sorriso spietato “Fortunata un cazzo…signore mio” e m’allontano pensando al sorriso radioso della mia nipotina alla vista dell’agognata cucina.

Paolo Villaggio, 10 momenti di Fantozzi che non dimenticheremo mai | Wired  Italia

 

 

 

 

 

 

 

Io, lui e l’armadio


Lo giuro sui miei figli: mai più! Piuttosto pago il doppio ma ripetere   un’esperienza del genere giammai!!!

Cos’è successo? Ora ve lo racconto.

<Caro dobbiamo comprare un armadio per gli attrezzi da giardino. Sai uno di quelli in plastica da mettere all’esterno, che non si arrugginisce e resiste alle intemperie…>

<Certo andiamo subito…prendiamo le misure e poi via con l’acquisto…>

E così fu, di pomeriggio tornammo a casa con l’armadio…da montare!

La scelta facilissima non ci portò via molto tempo, a farci decidere il prezzo, praticamente il più economico.

Ora voi mi direte: ebbene?

EBBENE?!?! Sapete cosa significa montare un armadio?

Dunque arriviamo a casa e pieni di entusiasmo ci mettiamo al lavoro. Primo step aprire l’imballaggio e spargere sul pavimento tutti i pezzi, circa un centinaio fra viti, morsetti e ante.

<Ma quanti pezzi sono? Mica è un armadio quattro stagioni più incertezze metereologiche?!

Il libretto delle istruzioni lo accantoniamo da subito, in fondo che ci vuole…

CHE CI VUOLE? Una laurea in montaggio e riconoscimento dei pezzi, perché signori miei i nostri non si incastrano. Ed è un inutile tira, pesta e grida per un colpo sul mignolo…i pezzi sono difettosi. Questa l’ardua sentenza.

Nel frattempo il mio amato consorte che pensava di fare tutto in una decina di minuti, come se avesse avuto i mattoncini della Lego da assemblare, comincia col togliersi il cappello, sì aveva iniziato il lavoro tutto bardato senza nemmeno levare il cappotto, ma le caldane, non dovute all’età né al sesso, cominciano a farsi sentire. È tutto rosso in volto e con voce stentorea mi fa <Dove sono le istruzioni? Forse è meglio guardarle!> Ecco le istruzioni, le prime pagine vanno dall’aramaico al cinese, per poi passare al cirillico e al tedesco poi in ultima pagina, come se fosse uno sbaglio, ecco l’italiano.

Sembriamo due bambini per la prima volta dinnanzi all’abbecedario, praticamente non capiamo nulla, anche perché signori miei i disegni sono piccoli e confusi, sarà perché è il più economico, mi sembra che ci vogliano punire per la scelta misera.

Comunque osservando con attenzione ci accorgiamo che vi sono delle lettere e numeri di riferimento per ogni pezzo…ah ecco ma dove sono collocati quelli sul materiale (ahimè davvero troppo) che abbiamo a disposizione?

E inizia la ricerca, vi giuro sembriamo due anatomopatologi che stanno eseguendo un’autopsia su cadavere non meglio identificato. Ognuno di noi ha un pezzo in mano e lo giriamo e rigiriamo alla ricerca della fantomatica sigla. Dopo estenuante ricerca mi accorgo che in un angolino nascosto c’è il numero che cerchiamo. Disgraziati abbiamo bisogno della torcia del cellulare per vederlo perché è scritto nello stesso colore del materiale e solo leggermente in rialzo. Maledetti!

Iniziamo a disporre sul pavimento i pezzi in ordine crescente di numero e lettera. Già perché non c’è solo il numero ma anche la lettera che però è sempre la stessa.

Comunque affidandoci a San Giuseppe falegname e quindi assemblatore di pezzi iniziamo…

Prima la base ma è unica   o formata da due pezzi? Arcano mistero…poi le parti laterali, ma come si bloccano e poi perché dal disegno uno va con dei perni in alto e l’altro in basso? Colpo di genio “Hanno sicuramente sbagliato!” Quindi senza seguire le istruzioni spingiamo, livelliamo con la lima, tagliamo col seghetto qualche pezzo. Niente da fare, ci arrendiamo e rileggiamo le istruzioni: proviamo e miracolo si incastrano!

Passiamo quindi alle ante, altro dilemma!

Proviamo fino allo sfinimento per inserirle in qualsiasi pertugio presente, mi viene la voglia di usare lo scotch Pensa che ti ripensa scorgo sotto il tavolo una busta sospetta, la prendo e l’apro <Ma guarda ci sono le viti, magari bisogna utilizzarle> La mia dolce metà non bestemmia mai ma uno svarione gli esce ugualmente a fior di labbra.



Troviamo dei ganci, sembra la caccia al tesoro, prima proviamo per tentativi ad errore poi prendiamo le maledette istruzioni, altra mezz’ora per trovare la pagina giusta. Con grande fatica e collaborazione riusciamo ad incastrare il tutto ma…ci siamo dimenticati della parte superiore dell’armadio che a rigor di logica andava montata prima. Ci guardiamo negli occhi, c’è una tale mestizia in quelli del mio lui che sarei tentata di lasciar perdere e buttare tutto, ma il mio eroe esclama <Non sarà un semplice armadio di m…a fermarmi> Lo guardo ammirata, ecco perché l’ho sposato non si arrende mai!

Smontiamo le ante e collochiamo la copertura dell’armadio… sarebbe il caso di dire forziamo la mano, anzi le mani e a via di colpi e martello, calci di rabbia riusciamo a incagliarla come un’ancora in una rete!!!

Poi riprendiamo le ante e con una forza di volontà sovrumana le inseriamo, avvitiamo e…ci accorgiamo di aver lasciato a terra tutti i ripiani. Il mio lui mi fa <Potresti farne a meno…vero?> Non ho il coraggio di dirgli che in realtà servono. Gli stringo le mani e con grande enfasi esclamo <Siamo proprio una squadra fortissima…> Ci guardiamo e scoppiamo in una risata liberatoria.

L’armadio è montato, certo sembra pendere da un lato, lo appoggeremo al muro!

Armadio 2 Ante in Legno e Metallo Kuno

 

 

 

T'abbraccio

T'abbraccio
E ti racchiudo tra le mie braccia...
Senti non fanno male
ma t'accarezzano
ti proteggono in un bozzolo.
Vorrebbero tutelarti
allontanare ogni male della vita
darti il meglio sempre
ma non posso amore mio.
Allora ti dico
quando sei stanco,
quando hai freddo nel tuo cuore
non ti dimenticare
nasconditi tra le pieghe delle mie braccia
il mondo lo lasciamo fuori
almeno per un poco.
Poi quando ti sentirai meglio
aprirò le mie braccia
che saranno sempre pronte a stringerti
fino a quando la vita me lo permetterà.

AbbracciamiArte: l'Arte dell'Abbraccio, un gesto di vitale ...

mercoledì 29 giugno 2022

Lo sbaffò di caffè

 

Lo sbaffo di caffè

Salvo

Ma quanto amava quella sbavatura di caffè sulle labbra di Rosy. Se avesse potuto l’avrebbe nettata con ripetuti baci…ma non poteva, non era la sua donna, era solo il sogno proibito!

Lei era bellissima… che più bella non si può. Occhi neri e lucenti, naso piccino all’insù, bocca carnosa e sorridente…a ben pensarci non l’aveva mai vista arrabbiata. Ma era normale, una bella così aveva il mondo ai propri piedi.

E lui…cos’era lui? Solo un handicappato, almeno in molti lo reputavano. La mamma glielo diceva sempre < Non t’illudere, non innamorarti perché nessuno ti vedrà come realmente sei.>

Ma al cuore non si comanda, si sa. Ci pensava spesso a come il destino fosse stato avaro con lui. Era nato in una famiglia che lo amava più di ogni altra cosa al mondo. Lui, il primogenito, lo avevano chiamato come il nonno paterno: Salvatore. In famiglia il nonno era venerato come un santo. Giovanissimo appena ventenne era partito alla volta della sospirata America, aveva sofferto tanto, vuoi per la lingua sconosciuta, vuoi perché migrante, (e lo sappiamo come vengono considerati)! Eppure era riuscito nell’intento di aiutare la propria famiglia rimasta in Italia, esattamente in Sicilia a Ibla. Nonostante non vivesse negli agi, era arrivato a mantenerla facendo mille sacrifici. Quando aveva circa quarant’anni era rientrato in Patria e aveva aperto un bar proprio al centro di Ibla.  Aveva messo accanto a sé i fratelli nell’aiuto della gestione, si era innamorato e poi sposato, aveva avuto cinque figli…e lui era il primo adorato nipote. All’inizio sembrava tutto normale, Salvatore cresceva bene solo sembrava stentare nel parlare e quando lo chiamavano non si voltava mai…Mamma orgogliosa pensava <È uno tosto…tutto come suo nonno.> invece …

Invece aveva un problema di sordità e conseguente ritardo nel linguaggio. Intelligente questo sì, aveva una manualità unica ma non era normale o normodotato, come ebbero a dire i “professoroni” di Palermo. Con un impianto cocleare aveva risolto in parte il problema…ora ci sentiva a meraviglia ma così timido che sembrava imbranato e ora per giunta era innamorato!

Questo suo amore mai dichiarato…eh sì perché quand’era emozionato balbettava. Cosa avrebbe potuto dire a Rosy? Ttttiii aaammmoooo? E lei gli avrebbe riso in faccia, lo avrebbe distrutto e magari poi raccontato alle amiche che “u mutangulu” le aveva detto, o meglio aveva cercato di dirle, che era innamorato. Sai le risate alle sue spalle. Lui che già aveva sofferto a scuola quando non riusciva a ripetere una lezione…e quante ilarità e  ‘ngiurie aveva subito, non avrebbe potuto sopportare anche questo. Per carità qualche insegnante intelligente c’era stata, anzi a ben pensarci più di una, che avevano compreso le sue potenzialità.  Ricordava ancora la prof.ssa Luigina che lo aveva aiutato con un metronomo in modo che sillabando le parole al ritmo previsto non balbettasse. O la cara maestra Francesca che lo prendeva in disparte e lo abbracciava dicendogli “Tu sei unico, sei bravo, non ti scoraggiare!” E lui in quelle parole si crogiolava, ci credeva poi bastava andare in strada e qualche cretino gli ricordava le inevitabili difficoltà. Comunque erano passati gli anni, aveva studiato ma poi aveva preferito lavorare nel bar del nonno “Bar da Salvatore” e già il nome era tutto un programma. Il nonno lo aveva amato profondamente, spronato a migliorare iscrivendolo anche a corsi specializzati per barman e lui bravo lo era diventato davvero. Il bar situato nell’antica Piazza Duomo era un gioiello incastonato nello splendido paesaggio barocco in cui svettava il magnifico Duomo. Salvatore ne era davvero fiero, i sacrifici del nonno avevano dato i suoi frutti portando lavoro alla famiglia. Lui ci lavorava già da due anni, era bravo come cameriere e banconista e poi…amava il caffè. Ne conosceva tutte le qualità e aveva imparato il LATTE Art ovvero la capacità di decorare la superficie dell’espresso con la crema di latte.

Molte clienti abituali amavano le sue decorazioni: dal cuore ai fiori, addirittura anche il volto di un gattino ma a Rosy non aveva mai avuto il coraggio di offrirgliene uno. Lei era sempre di fretta: arrivava alle 8, puntuale come un orologio, ordinava l’espresso ristretto, beveva al bancone e a volte, quando il sole era splendente nel cielo, al tavolino accanto alla palma, pagava e andava via, sempre con quello sbaffo di caffè sul labbro superiore. Lui sembrava trasparente ai suoi occhi, neppure alzava lo sguardo…come avrebbe potuto attirare la sua attenzione? E nel frattempo il cuore sanguinava e pativa d’amore. Si era confidato con suo fratello Giuseppe, più piccolo di due anni…uno sciupafemmine incredibile, una faccia tosta da prendere a schiaffi. Il suo consiglio? < La prendi in disparte e glielo dici. Non ti vuole? Tu te ne cerchi un’altra!> fine della storia.

Il suo amico Giovanni invece gli aveva consigliato <Fatti un tatuaggio sull’avambraccio col nome “ROSY”, certo sarebbe meglio bello grande sul petto ma…comunque quando arriva al bar arrotoli la manica e quando le porti il caffè glielo metti proprio sotto gli occhi, vedrai: effetto assicurato!>

Si effetto assicurato, un consiglio assurdo lui che aveva una vera e propria paura degli aghi, una vera fobia, forse per l’operazione subita di cui conservava il visibile risultato proprio vicino all’orecchio destro e che cercava di coprire con i folti capelli ricci. No, questo consiglio non poteva accettarlo proprio.

Doveva invece fare leva sulla capacità di decorare il caffè. Iniziò così una vera e propria esercitazione serale, quando il bar chiudeva. A volte si addestrava fino a notte inoltrata, niente lo stancava perché l’obiettivo finale era: diventare visibile al cuore di Rosy!

Iniziò con i cuori intrecciati…troppo banale, poi col nome ROSY ma la ipsilon tendeva ad allungarsi troppo, poi i fiori, la margherita per assurdo gli riusciva proprio bene…

Quando affinò la tecnica, ci vollero almeno due settimane di esercitazioni, iniziò a servire abitualmente il caffè con questa arte a tutti gli avventori, anche ai più frettolosi.

Fu un successo insperato. I clienti si susseguivano all’impazzata. Salvo era contento ma Rosy sembrava immune a questa forma d’arte.

Ormai al “Bar da Salvatore” cercavano solo lui. Addirittura facevano le foto al suo espresso, i selfie con lui e c’erano le richieste <Salvo mi fai il gattino sul caffè? …Salvo io voglio il cuoricino…Io lo stemma della mia squadra.>…e così via.

I parenti erano contenti, per non parlare di sua madre … pensate che un giorno arrivò una televisione locale che dedicò un servizio a “Salvo l’artista del caffè”! Eppure tutto questo non gli bastava…Rosy continuava a ad ignorarlo. Una mattina addirittura aveva disegnato nel suo caffè un cuore trafitto, lei lo aveva guardato, aveva accennato ad una parvenza di sorriso e se ne era andata con quello sbaffo di caffè sulle labbra che ormai era il suo incubo d’amore.

L’amore lo consumava letteralmente, non gli bastava il successo ottenuto con LATTE ART, lui voleva LEI!

 Rosy

Non ce la faceva più ad andare tutti i giorni al “Bar da Salvatore”, era pure lontano dal luogo dove lavorava, eppure non poteva farne a meno. Lei amava Salvo ma non riusciva a dirglielo.

Vuoi l’educazione bigotta, la paura di restare delusa, poi adesso che era così ricercato per il suo LATTE ART figuriamoci se la notava, come se non bastasse gravava il suo cruccio segreto: quando era emozionata balbettava!

A volte le sembrava che lui le volesse dirle qualcosa poi…niente di niente e se ne andava!

È vero che una volta le aveva portato il caffè con su dei cuoricini, ma lo aveva fatto anche con le sue amiche, quindi era solo un’illusa.

Si era confidata con Ambra l’amica del cuore, lei   aveva così risposto, testuali le parole <Fai tu il primo passo, magari è timido! Se ti dice “no” non succede nulla, morto un Papa se ne fa un altro!>

Già un altro. Lei che se lo sognava tutte le notti, bramava i suoi baci e lui…niente, un passo avanti e tre indietro!

Possibile non avesse capito che lei il caffè lo prendeva al suo bar solo perché c’era lui?

Doveva escogitare qualcosa. Pensa che ti ripensa, praticamente tutta la notte sveglia e ora al mattino due borse sotto gli occhi che la facevano apparire ammalata, aveva deciso che proprio quel mattino gli avrebbe dato un bigliettino, al diavolo l’orgoglio, in cui gli raccontava il proprio amore!

E iniziò a scrivere …

“Caro Salvo, come stai?” … non, no, ma che è sta’ roba. Via ricominciamo…

“Caro Salvo non so se te ne sei accorto ma tu mi piaci…No, non va…sembro una che si offre…

Ricominciamo…e così per buona parte della notte ma alla fine il biglietto era pronto! Così Rosy andò a letto cercando di riposare. Ma fu una notte da incubo, si voltava e rivoltava tra le lenzuola, era tutta sudata, si alzò per bere un bicchiere d’acqua, poi si ricoricò ma il sonno tardava. Finalmente alle prime luci dell’alba trovò riposo ma da lì a poco la sveglia le intimò di alzarsi…

Salvo

Notte insonne a pensarla e ripensarla, a sognare di pulirle con baci focosi lo sbaffo di caffè sulle labbra…Niente, doveva decidersi, le avrebbe scritto un bigliettino, magari per un appuntamento, non al bar naturalmente, oppure le avrebbe confessato che l’amava da sempre, che il cuore gli si gonfiava in petto ogni volta che la vedeva…magari così era l’unico modo per non parlare e quindi evitare di balbettare.

Pensa che ti ripensa al mattino il biglietto era pronto, ma quanta fatica gli era costato! A testimonianza la scrivania piena di carta stracciata e sminuzzata, anzi doveva toglierla e cestinarla prima che se ne accorgesse sua madre. E chi l’avrebbe sentita poi per tutto il giorno con le sue tiritere…

Al “Bar da Salvatore”

Quella mattina il sole era alto nel cielo e inondava di bellezza Piazza Duomo. I tavolini era già ben disposti all’esterno del locale e neanche se fosse stato fatto apposta, un carretto siciliano bardato a festa era proprio lì vicino. Era di un’attrattiva unica con i suoi colori e le sponde istoriate di cavalieri, dame, duelli e amori. I turisti, sempre molto numerosi da quando il Maestro Camilleri con i suoi romanzi aveva resa nota Ibla a tutto il mondo, erano intorno scattando foto. Salvo teneva nella tasca dei pantaloni il bigliettino, lo toccava e ritoccava per sincerarsene della presenza. Ed eccola arrivare Rosy, puntuale come un orologio svizzero, con la gonna frusciante sulle belle gambe, gli occhiali da sole inforcati sul nasino all’insù. Non sembrava camminare, sembrava danzare e Salvo si perdeva nella visione. Si sedette al solito tavolino, quello vicino alla palma che svettava dall’aiuola.

Salvo le si palesò subito <Il solito?>

<Si grazie> e alla risposta volò letteralmente nel bar.

Ci impiegò più del solito perché ricamò sulla superficie del caffè un “LOVE” che era tutto un programma... Corse fuori e…<Eccoti il caffè!> disse posizionando la tazzina sul tavolino e aggiungendovi accanto il bigliettino. Certo nell’emozione del momento la scritta si era allungata, la mano gli tremava troppo, ma la missiva c’era… ma come fu e non fu la folata di un improvviso venticello la fece svolazzare proprio ai piedi del carretto siciliano.

Salvo andò a recuperarla ma ormai il momento magico era passato, inoltre il bigliettino era stato anche calpestato da un turista. Lo prese e se lo mise in tasca.

Rosy nel frattempo aveva bevuto il caffè e messo quanto dovuto sul tavolino. Lei il proprio bigliettino lo aveva infilato sotto la tazzina affinché il vento non facesse un brutto scherzo, ed era andata via.

Salvo la vide allontanarsi e il suo cuore pianse d’amore…anche quell’occasione era andata perduta! Prendendo la tazzina e il piattino non si accorse del bigliettino messo da Rosy, rientrato nel bar mise il tutto nel lavandino facendo scorrere l’acqua che lavò e sbiadì anche quanto scritto da Rosy…

 

Gli amici.

No, così non poteva andare avanti…era quello che si dicevano gli amici di Salvo. Dovevano dargli una mano…se poi Rosy non lo avesse voluto beh…si sarebbe prima disperato e poi rassegnato ma andare avanti così no! Salvo aveva ormai il volto scavato e gli occhi perennemente tristi, Rosy poi raramente sorrideva….

Decisero che l’indomani avrebbero fatto trovare al bar l’amico Luigi che cantava stornelli, appena Rosy sarebbe arrivata quello avrebbe iniziato lo stornello con

 “Salvo t’ama

soffre d’amore,

 alza gli occhi tuoi,

digli se l’ami,

il cuore soffre,

gli occhi piangono,

Rosy guardalo

e digli ciò che provi…”

L’avevano scritta gli amici, il povero Salvo non sapeva nulla.

” Speriamo bene “pensarono i ragazzi….

La fatidica mattina

Era tutto pronto, Luigi nascosto dietro l’angolo della libreria attendeva il segnale concordato: all’arrivo di Rosy appena lei si fosse seduta al tavolino per il consueto caffè, lui si sarebbe palesato. Prima avrebbe semplicemente suonato la chitarra ma alla comparsa di Salvo via alla stornellata con le strofe d’amore…ma come al solito il destino ci mise del suo, un’improvvisa grandinata si scaricò, è proprio il caso di dirlo, su Ibla. Luigi andò a rifugiarsi nel bar da Salvo, di Rosy naturalmente neppure l’ombra, d’altronde con quella pioggia dove sarebbe potuta andare?

 Salvo alla vista dell’amico chiese <E tu a quest’ora che ci fai in giro con la chitarra?> conoscendone le comode abitudini.

<Io niente, volevo prendere un caffè da te e poi andare a Ragusa, in piazza ci sono degli amici che m’aspettano per concordare alcune canzoni…ma tu guarda che tempo !!!> concluse Luigi.

<Sarà…>fece dubbioso Salvo.

E anche quel tentativo fallì …

Lo sbaffo di caffè

Piovve per ben tre giorni di fila. Salvo e Rosy non si videro per nulla. Ambedue impegnati nel lavoro e poi quel tempo avverso…ma finalmente sabato apparve il sole.

Salvo si preparò con cura e attese…

Al solito orario ecco giungere Rosy, possibilmente più bella del solito e con passo sicuro incedere verso il bar. Si sedette al tavolino e attese. Salvo non si fece attendere, aveva il cuore che batteva all’impazzata, si ripeteva continuamente “ora o mai più”

 Ma al suo cospetto riuscì solo a dire <Il solito?> Lei rispose con un sommesso sì.

Preparò quanto dovuto, poi dall’aiuola vicino alla porta del bar prese una rosa che occhieggiava nel roseto e la mise sul vassoio, si avvicinò al tavolino dove sedeva la donna dei suoi sogni. Le porse il caffè…lei vide la rosa, la prese e lo guardò negli occhi.

<Rrrosssyy sseennnnttttiiiiiiiiiiii> fece Salvo

<Dddimmmmiiii > rispose lei e scoppiarono a ridere.

Lei si alzò e l’abbracciò…lui la strinse forte e poi con voce più sicura <Bevi il caffè che si fredda e poi devo fare una cosa…>

Lei lo bevve e lui avvicinandosi al suo volto finalmente poté nettare quelle labbra dallo sbaffo di caffè…

P. S. e vissero felici e contenti…ma questa è un’altra storia.

                                                                                            FINE



 

 


 

 

 

 

 

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