venerdì 16 settembre 2011

LA VITA ..UNA TAZZA DI CAFFE'


La  vita....una tazza di caffè




Franca e il caffè

Amava il caffè, non c'era proprio niente da fare. A sessant'anni ne era consapevole. La mattina senza la fantastica bevanda si sentiva svuotata, senza forze, non combinava nulla per tutta la giornata. La cosa assurda era che non amava il caffè espresso, no proprio no, ma la famosa tazzina di caffè con la napoletana. In un certo senso si rendeva conto di essere un po' ridicola, preparare il caffè era come un rito, altro che quello  famoso del tè  giapponese! Era molto di più.
La sera prima preparava con religiosa puntualità la caffettiera, prima la sciacquava sotto il getto corrente del rubinetto, mai con il detersivo, sarebbe stata una bestemmia, poi asciugava ogni singola parte, quindi riempiva di acqua la caldaia, appena sotto lo sfiatatoio, poi nel serbatoio sistemava  il caffè macinato e tostato , avvitava la caffettiera e la poneva sul fornello spento. L'indomani mattina, con gli occhi ancora chiusi e cisposi, accendeva il fornello e attendeva il melodioso suono del caffè che sgorgava  caldo dal bricco e che inondava di fragranza la cucina, un paradiso!
Quel profumo l' avvicinava a Dio, appena sorseggiava la bevanda bollente e rigorosamente amara, il liquido caldo le dava una sferzata in tutto il corpo, le papille gustative gioivano, il caldo liquido sembrava penetrarle nelle vene e il cuore faceva una capriola di adrenalina. Se chiudeva gli occhi si sentiva vicino al momento idilliaco in cui i sensi sono appagati e nulla di male può succederti.
Lo stesso programma si ripeteva dopo il pranzo , ecco che il caffè diventava  digestivo, il cibo assumeva un ruolo secondario era solo l'anticipo alla bramata bevanda.
Ma non solo, se arrivavano le amiche le conversazioni  o se vogliamo i pettegolezzi avevano un altro sapore accanto al caffè, servito nelle tazzine di porcellana.
Il caffè era proprio lo scandire del tempo, l'orologio naturale attorno al quale si snodava la vita di Franca.
Lei, da giovane, era stata una bellissima ragazza. Nata in Sicilia, a Milazzo, nella vita in realtà non aveva mai desiderato nulla. Figlia unica, viziata, coccolata, aveva studiato, si era diplomata e fin da subito aveva insegnato in una piccola scuola di montagna, Santa Lucia. Quella bella mora era stata ben accolta dalla comunità montana, sorrideva spesso mettendo in mostra la dentatura regolare e bianca. Quando la carnosa bocca si apriva al sorriso, due fossette deliziose apparivano sulle guance, donandole un aspetto birichino e fanciullesco. Anche gli occhi scuri partecipavano al sorriso, si socchiudevano e folte ciglia ombreggiavano le guance.
In quel periodo il caffè  suggellava il momento del riposo dopo il lavoro. Una volta usciti gli alunni dalla scuola, al termine delle lezioni, la bidella in un angolino del corridoio, aveva ricavato una
 piccolissima stanzetta trasformandola in una sorta di cucinino dove, su un  fornelletto elettrico, preparava il caffè. Il profumo rimbalzava da un'aula all'altra, richiamando con l'aroma le insegnanti, che uscivano di corsa dalle aule come  farfalle attirate dal nettare. Si avvicinavano alla bidella e tra un sorriso e un pettegolezzo, sorseggiavano la bevanda che le rinfrancava, dopo le ore trascorse tra un compito e una spiegazione.
Ma, a ben pensarci, il caffè era comparso molto tempo prima nella vita di Franca.
Era ancora una bimba quando il papà la portava e passeggio per le vie della cittadina e, soprattutto in primavera, dopo una bella camminata,  si sedevano nel  bar del porto,   ad un tavolino posizionato sul marciapiede che costeggiava il mare. Lui ordinava un bicchierino di anice con la mosca e...la mosca era proprio il chicco di caffè che ,ogni volta, il genitore le dava  come un dono.
Lei lo metteva in bocca e lo teneva fermo nella parte interna della guancia destra, aspettava che  si ammorbidisse per poterlo sciogliere con la saliva, come fosse caramella. Già da allora gustava quel forte sapore che, in quel caso, aveva il retrogusto dell'anice, in cui fino a poco prima galleggiava, come barca alla deriva in attesa di un porto sicuro..
La sua mamma le raccontava che quando era molto piccina, ma proprio piccola, quando la vedeva sorseggiare il caffè con le amiche, allungava le manine paffute verso la bevanda scura e pretendeva di assaggiare il biscottino intinto nell'aromatico liquido.
 Insomma il caffè le scorreva nelle vene da sempre.


                                                 
L'amore e il caffè

Il caffè aveva cadenzato i momenti più importanti della sua vita.
Aveva conosciuto Giuseppe, il suo futuro marito, proprio con il caffè.
Aveva ventidue anni e una vita piena di aspettative....attendeva soprattutto l'amore con la A maiuscola. Tanti ammiratori ma il suo cuore non aveva ancora palpitato per un uomo, non voleva accontentarsi, voleva un amore eterno, sognato fin da piccola, duraturo, completo...
Un giorno, stava passeggiando in Marina Garibaldi, era primavera inoltrata, faceva già caldo e lei, insieme alla sua amica del cuore Rita, chiacchierava e gustava un gelato al caffè.
 Ad un certo punto si era sentita spingere violentemente di lato e il suo gelato era caduto a terra. Sorpresa si era girata di scatto verso chi l'aveva scostata così rudemente, pronta ad un rimprovero brusco ma... le parole le erano morte sulle labbra. Si era trovata dinanzi il più bel ragazzo che avesse mai visto, alto, biondo con due occhi azzurri come il mare siciliano quando è calmo, euna bella bocca atteggiata al sorriso.
“Scusa…scusami… ti prego, stavo cadendo e mi sono appoggiato a te. Per farmi perdonare ti ricompro il gelato.”
“Non ti preoccupare, non mi sono fatta male ma.. il gelato lo accetto!”
Franca non era mai stata sfacciata, ma in quel momento, pensava solo una cosa ”Voglio sapere chi sei”.
Era cominciata così, con un gelato al caffè, a fare da cornice al nascere di questo amore.
“Mamma vado al bar a comprare il gelato al caffè!”
Era la scusa quotidiana, di quel caldo e assolato periodo estivo, per incontrare  Giuseppe.
Tra un dolce e una tazzina di caffè, l'amore era sbocciato e si era consolidato.
“Sposiamoci, non so stare senza te!”
Diceva appassionato Giuseppe alla sua Franca, ed era come se tutte le canzoni d’amore ascoltate fino ad allora,  fossero confluite in quel sentimento così coinvolgente.
Dopo un anno erano giunte le nozze e, fra i regali, il più apprezzato fu una rossa moka da caffè.
La torta delle nozze era, naturalmente, al gusto di caffè. Il povero pasticcere per accontentare i novelli sposi, aveva faticato non poco per ricoprire la crema al caffè con una montagna di panna!
Franca era felice, aveva coronato il suo sogno d'amore.
  Ogni mattina si svegliava presto per godersi l’aromatica tazzina di caffè, si sedeva al tavolo della cucina e assaporando lentamente, ciò che per lei era “nettare degli dei”, ripensava ai baci appassionati, agli amplessi focosi, alle parole sussurrate e urlate, agli abbracci vissuti  con il suo
 Giuseppe. Dopo, preparava la colazione per il suo lui.


La famiglia e il caffè

Presto arrivarono i figli, Franca si appesantiva e Giuseppe perdeva un po’ della sua capigliatura bionda, ma gli occhi erano sempre azzurri e ridenti. Quante tazzine di caffè in quel periodo!
Caffè per stare svegli quando la notte i piccoli non dormivano, caffè per svegliarsi e andare al lavoro al mattino, caffè per i figli che dovevano sostenere esami e dovevano studiare fino a tardi.
Benedetta bevanda! La moka rossa  era stata sostituita da una caffettiera espressa su cui si  poggiavano le tazzine di porcellana e…detto.. fatto il caffè era pronto in men che non si dica.
Anche i figli, Luciana e Fabio amavano il caffè.
Erano cresciuti a baci e abbracci al sapore forte e aromatico di caffè bevuto..
Franca ricordava  quando un giorno aveva scoperto nello zaino di Luciana un sacchettino di stoffa, legato saldamente.
Lo aveva aperto con cautela, temendo di poter rompere qualcosa e sorpresa...conteneva dei profumati chicchi di caffè.
A Franca venne da ridere, come le assomigliava nei gusti la figlia.
“Luciana, scusa, ma cosa te ne fai dei chicchi di caffè?” chiese Franca
“Oh mamma, ma perchè  controlli sempre tutto? Quel sacchettino è il mio portafortuna. Ti giuro che funziona benissimo. Tiene lontani i brutti voti e le sorprese sgradite a scuola!”
Non solo...   Fabio, ad esempio, portava sempre con sé un chicco di caffè nella tasca della giacca, teneva lontano le formiche.
Lo aveva scoperto da piccolino. Era un bimbo golosissimo per cui spesso aveva nelle tasche dei calzoncini o del grembiulino, dei dolcini o caramelle appena succhiate e poi rimesse in tasca. Un giorno, aveva trovato il grembiulino, con in tasca un resto di cioccolattino, invaso dalle formiche. Franca per consolarlo e tranquillizzarlo, gli aveva detto che bastava mettere del caffè macinato per disperderle. Quell'episodio era avvenuto  in un'assolata giornata estiva ma, Fabio, non l'aveva mai dimenticato.
Franca quando vedeva i figli  arrabbiati o dispiaciuti, li consolava con un dolce al caffè.
Preparava una semplice torta  e i ragazzi mangiandola si rasserenavano, aprivano il loro cuore, e  il malcontento era subito allontanato.
“Non c' è niente di meglio della dolcezza per rasserenare” diceva sempre Franca.





Il dolore e il ..caffè

Gli anni passavano serenamente finché un giorno…..
Franca era seduta nel suo studio, stava correggendo i compiti dei propri  alunni quando il silenzio era stato rotto dallo squillo del  telefono.
Un brivido le era corso lungo la schiena, non sapeva perché ma, quel suono così improvviso l’aveva spaventata.
“Pronto Franca, sono Rita, sei sola? Si?.. allora siediti devo dirti una cosa. Giuseppe si è sentito male in ufficio, ora è in ospedale. Preparati, passo a prenderti subito!”
Franca si era sentita morire dentro, ma aveva cercato di reagire. In ospedale le notizie non erano delle migliori: principio d’infarto, Giuseppe si era salvato ma doveva stare molto attento, seguire una dieta, eliminare il caffè, non fumare, fare una vita morigerata.
Come cambiano le malattie!
Giuseppe quando tornò a casa aveva il volto scavato ed invecchiato, i capelli radi ma soprattutto lo sguardo era sconcertante ..era spento.
Franca e i figli gli si strinsero intorno per fargli sentire l’amore, la gioia di averlo ancora accanto, cercarono di infondergli la fiducia in un futuro, in cui Giuseppe non credeva più.
Franca, il caffè, ormai lo beveva di nascosto, al suo Giuseppe era per il momento negato.
Le giornate passavano uguali e sottotono, Giuseppe era triste e stanco finché un giorno di primavera..
“Giuseppe andiamo in Marina Garibaldi per una passeggiata?”Propose Franca
 A malincuore Giuseppe acconsentì, aveva perso qualsiasi entusiasmo per la vita, nonostante  avesse l’opportunità di viverla ..si lasciava vivere.
La giornata invitava davvero ad assaporarla tra la brezza leggera del mare, il profumo della salsedine, lo sciabordio delle onde sugli scogli. Il sole non era aggressivo ma era come una calda carezza sul volto precocemente segnato di Giuseppe.
Si sedettero  su di una panchina, Franca teneva il braccio del suo amato stretto al suo corpo, era come temesse potesse andar via. Giuseppe aveva gli occhi chiusi, sembrava dormisse ma le narici fremevano, era come se cercassero nell’aria un odore conosciuto ed agognato e…l’aroma giunse. Forte come solo lui poteva essere, frizzante tanto da risvegliare i sensi, caro come un compagno di vecchia data...dal bar vicino era giunta una folata di profumo di caffè.
Giuseppe aprì gli occhi e stringendo la mano di Franca disse “Ricordi il nostro primo incontro? Me lo prenderesti un gelato al caffè?”
La donna con gli occhi lucenti di lacrime fece si con la testa e correndo andò a comprarlo. Tornò subito ma ….Giuseppe aveva il capo reclinato sul petto e un sorriso sulle labbra.
Era morto così, avvolto da una brezza marina intrisa di aroma al caffè.
Quando gli disse addio,  gli mise nella tasca della giacca un chicco di caffè, quel caffè che li  aveva accompagnati nel corso della loro vita insieme.




La caffetteria

La vita di Franca era cambiata, senza il suo uomo si sentiva persa e disperata. Nulla aveva senso, si aggirava per le stanze della sua casa e tutto le ricordava l'amore perduto.
Una foto, un odore, un suono, una canzone, rinnovavano  il rimpianto per chi non sarebbe più tornato.
Le care amiche di sempre inutilmente cercavano di coinvolgere Franca in iniziative che potessero distoglierla dal lutto, tutto era un palliativo, quel peso, quel dolore in fondo al cuore, le toglievano la voglia di vivere.
Finché un giorno...la svolta!
Era una mattina come tutte le altre, almeno così sembrava a Franca. Si era alzata con quell'oppressione al cuore che non l'abbandonava mai.Durante la notte si era girata e rigirata in quel letto ormai così dolorosamente vuoto. Era un deserto senza acqua, così come le appariva la sua vita.
Era andata in cucina e si era preparata un buon caffè, anche se ormai non le dava la gioia di un tempo. Improvvisamente le era balenata un'idea, doveva fare qualcosa, doveva cambiare il suo stile di vita, non poteva lasciarsi andare così, Giuseppe si sarebbe rivoltato nella tomba a vederla senza aspettative... .
Andò in bagno e si guardò attentamente allo specchio, sotto la luce impietosa della lampada: i begli occhi erano segnati da rughe profonde di dolore, la bocca non sorrideva più, le labbra avevano assunto una piega amara verso il basso, le guance scavate, i capelli disordinati, arruffati  e con un incipiente bianco alle radici. “Così non va!” Si disse.
Giuseppe non sarebbe più tornato ma lei era ancora viva,  doveva vivere per se stessa e per i figli.
Si fece una doccia calda, si vestì con colori più vivaci, prese appuntamento dalla parrucchiera Lucia e solo, quando ne uscì trasformata, si sentì meglio.
“La vita ti pone davanti sempre dei dolori e degli ostacoli che vanno sempre razionalizzati, compresi, superati. Devi trovare nuovi stimoli per dare un senso alla tua vita, dare uno scopo che ti faccia nuovamente assaporare la gioia di vivere pienamente, per te stessa ma anche per gli altri.” Questo si ripeteva Franca mentre s'incamminava verso casa.
Doveva trovare un input che la facesse uscire dal limbo che era diventata la sua vita.
“Cosa so fare bene?” Si chiedeva  e rimuginava fra sé e sé...ma certo il caffè!
Avrebbe aperto una caffetteria, sarebbe stata elegante e raffinata con l’accostamento del velluto dei divani al legno dei tavolini e del bancone, a terra, la pietra, per creare un’atmosfera  calda ed avvolgente.
Il servizio sarebbe stato veloce  e preciso. Nel suo locale avrebbero potuto
gustare un ottimo caffè espresso, compreso il caffè biologico, ma anche sorseggiare un aperitivo particolare oppure un buon vino doc. Il tutto esclusivamente italiano e della migliore qualità.
Franca si sentiva per la prima volta entusiasta e felice, aveva uno scopo, per vivere.
Sarebbe stato bello ed entusiasmante lavorare con e per  un alimento che lei amava molto, appunto il caffè.
I mesi successivi furono frenetici ed intensi. La ricerca del  locale, le prese molto tempo, ma,  dopo tanto peregrinare, lo trovò nella zona storica di Milazzo, il Borgo. Era piccolo ma sicuramente accattivante, vuoi per la posizione ma anche per quel tocco caldo e confortevole che Franca era riuscita a dare all'ambiente. Il legno e il velluto,  così come era riuscita a concretizzare, ben si accordavano con il controsoffitto dil legno e il soppalco dove si trovavano tre tavolino rotondi.
Il bancone correva lungo la parete più lunga e alle spalle vi erano  degli specchi istoriati che amplificavano l'ambiente. Le luci soffuse rendevano la caffetteria intima ed elegante. Franca si guardava intorno, felice per la prima volta dopo tanto tempo.
Il locale lo aveva chiamato “La caffetteria di Giuseppe”, così le sembrava di averlo sempre accanto. Nella conduzione l'aiutava la sua eterna amica Rita, lei era davvero brava nel preparare squisiti dessert al caffè.
La mattina, Franca si alzava molto presto e subito si recava alla sua caffetteria. I clienti non mancavano mai, anche perchè il suo caffè era davvero diverso dagli altri.
Ne aveva comprato diversi tipi, ma lei amava soprattutto quello arabico, perchè più rinomato e dal profumo aromatico intenso, ma non  disdegnava anche la qualità robusta , più ricca di caffeina.
Una cosa era certa ormai: per bere un ottimo caffè, bisognava andare da Franca, che della sua passione aveva fatto un lavoro.
Gli anni passavano, capelli ingrigivano, le spalle si curvavano ma Franca imperterrita, continuava la sua attività.
L'amica Rita era morta, lasciandole un gran vuoto, che si era accomunato  a quello per Giuseppe. Altri volti si erano avvicendati nel suo lavoro ma, su tutti, vigilavano i principi di Franca: il caffè migliore per i clienti, accompagnato sempre da un sorriso e, nel piattino, un cioccolattino rigorosamente fondente avvolto nella bella carta dorata, come prezioso dono, 
Franca nella sua caffetteria era un'istituzione, era la zia di tutti, ascoltava i clienti, dispensava consigli, consolava...dava speranza, tutto sempre intorno ad un profumato caffè.
Ancora adesso, a distanza di tanti anni, si meravigliava della capacità della sua bevanda preferita, la gente parlava più facilmente, apriva il proprio cuore e poi, da non disdegnare,  una tazzina di caffè era davvero a portata di tutte le tasche, nonostante la crisi economica.
Nella sua passione Franca aveva coinvolto un ragazzo tunisino.
Lo aveva assunto prima come garzone, poi tuttofare fino a diventare banconista.
Era davvero diventato bravo ma, soprattutto , aveva trovato in Franca,  la famiglia lontana.
Rispettava e amorevolmente aiutava  quella signora che gli aveva dato fiducia, lo aveva tolto letteralmente dalla strada, gli aveva dato un futuro.
Ormai era lui che la mattina  conduceva con la macchina la signora al lavoro, l'accompagnava con attenzione quasi filiale, l'accudiva ed era sempre pronto  ad aiutarla e anche coccolarla.
Omar, così si chiamava, da quando sulla sua strada aveva incontrato Franca, non aveva mai più rimpianto la sua patria, in Italia aveva trovato una mamma ed anche l'amore di Laura, cameriera nella stessa caffetteria in cui lui lavorava.
Franca era stata testimone alle loro nozze.
Quella famigliola appena nata aveva sostituito i suoi figli, lontani da Milazzo per lavoro,  che vi tornavano solo durante le feste e le vacanze.
Come è strana la vita, i suoi figli lontani dall'amata Sicilia e un ragazzo tunisino accanto, che davvero viveva per  lei, con discrezione ed attenzione.
Franca, ormai da tempo, aveva preso una decisione: la caffetteria l'avrebbe eredita Omar.
Lo aveva osservato attentamente: quel ragazzo amava il suo lavoro, sentiva per il caffè ciò che lei aveva sempre provato: passione, gusto, coinvolgimento, attenzione, rispetto.
“Perchè il caffè non è solo caffè ma è uno stile di vita, non è solo  un vizio ma è linfa che ti scalda le vene, è sapore duraturo, profumo che ti avvolge, ti inebria e ti mette in pace con il resto del mondo” Affermava con convinzione Franca..
Ne era consapevole, il tempo era trascorso per lei,  lo aveva impiegato  con cura, aveva donato e creato, l'ultimo suo atto d'amore lo avrebbe fatto con la sua morte, quando la caffetteria sarebbe passata  nelle mani di Omar. Lei ne era certa , mani  forti, mature, che avrebbero portato avanti ciò che lei aveva iniziato, nel ricordo di Giuseppe. Forse, alla sua morte, Omar avrebbe aggiunto un altro  nome all'insegna “La caffetteria di Giuseppe e Franca”, la sua vita sarebbe continuata  nel ricordo di chi, come lei, amava il caffè', anzi il buon caffè.



                                                                              FINE


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