venerdì 17 aprile 2020

Concetta Crocefissa in Scarpata al tempo del Coronavirus 24°


Buongiorno oggi mi sento “sminchiata” scusatemi il termine, ma non ne trovo di altri così realistici. Se vi dicessi “Sono senza forze!” Voi pensereste è debole, in periodo di pandemia può anche essere travisata tale affermazione.
Potrei dirvi “sono senza prospettive immediate che possano dare una velocizzazione all’azione!” Non credo che renderei l’idea…
“Sminchiata” ovvero non ho voglia di fare niente, mi sto accoccolata sul divano, ascolto musica, non muovo neppure un dito!!
Insomma la bellezza dell’idioma siciliano è unica. Ogni parola un mondo!
Dici “cafuddati” e subito nell’immaginifico vedi un soggetto che mangia a crepapelle…
Oppure “camurria”, meravigliosa, ti dà il senso, l’immagine di colui che corrode lentamente, ma corrode inesorabilmente, onomatopeica oserei dire….
Ad esempio è una “camurria” il mio capo.
Ed è una “camurria” perché rompe sempre…addirittura controlla quante volta vado in bagno in ufficio! Poveretto, pensa che ci vada per parlare con le amiche. Vi giuro non è vero, insomma qualche volta è capitato ma non più di una, non anzi due volte nell’orario di lavoro. …Poi sta attento a quanti caffè beviamo, a come siamo vestite, insomma ‘na grossa camurria”! E poi… sempre così precisino “licchettato”, compiuta parola per descriverlo, mai un capello sulla giacca o la cravatta allentata .Secondo me si corica con la cravatta, defeca con la cravatta al collo!
Il pantalone perfettamente stirato, la piega poi…il mio Franco da quando è con me un pantalone così se lo sogna…ma non credo che gli manchi!!!
Mi alzo e mi guardo allo specchio, sono tutta “rufuliata”?  Io sono la rappresentazione vivente della “rufuliata”, sempre con i capelli arruffati..
Oggi poi con questa “monchiaria”, ovvero mollezza, chi si pettina? Mi rimetto sul divano e quindi no cucina, no pulizie, no trucco e parrucco, niente di niente.
Quando verrà Franco capirà. È difficile vivere in una condizione che non è la nostra, in un Paese che non è il mio…
Oggi mi manca “lu scrusciu du mari”, come direbbe il grande Maestro Camilleri, l’odore si salsedine, il calore del sole. Sento bisogno di certezze, e non ne ho, desidero calore umano, e non è possibile.
Mi manca il “cuttigghiu” il pettegolezzo, non quello becero ma assolutamente innocente scambiato tra amiche guardandoci negli occhi e passeggiando per le vie affollate. In Sicilia lo chiamiamo lo “struscio” e ti dà la sensazione del toccarsi, dello accarezzarsi con gli occhi, sfiorarsi con le braccia,  camminando  lungo il marciapiede osservando le vetrine e gli altri….
Oggi il rimpianto per ciò che era è davvero tanto.
Penso a mia madre, è da tempo che non le posso stare accanto…
Mi viene in mente una poesia scritta da una mia amica, recita così:
“O matri picchi m’ami?”
“Picchi si un pezzu du me core!”
“Matri, picchi cu tia non aiu scantu i nuddru?”
“Picchi ti criscii intra ammia, e  anchi nu  lioni chi me mani mazziria pi tia.!”
“Matri u sai , nun ti lassu pi nenti u munnu. Sempri cu tia vogghiu stari!”
“Figghiu miu, i to paroli,  ‘nto cori mi tegnu,
quannu nu iornu l’amuri troverai, ci pinsirò e cumpagnia mi faranno”
“Matri , ma se u me cori è chino d’amuri pi tia
comu pozzu amari n’ autra?”
“Figghiu miu chiddru è autru amuri,
forsi  i mia nun ti scurderai ma nautru  postu mi darai!
Ora veni figghiu miu,
 mbrazzami fotte, m’avi a durare pi sempri sto ricordu!

Ora le telefono, lo deve sentire forte il mio amore…
Ciao amiche! 
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