Buongiorno oggi mi sento “sminchiata” scusatemi il termine,
ma non ne trovo di altri così realistici. Se vi dicessi “Sono senza forze!” Voi
pensereste è debole, in periodo di pandemia può anche essere travisata tale
affermazione.
Potrei dirvi “sono senza prospettive immediate che possano dare
una velocizzazione all’azione!” Non credo che renderei l’idea…
“Sminchiata” ovvero non ho voglia di fare niente, mi sto accoccolata
sul divano, ascolto musica, non muovo neppure un dito!!
Insomma la bellezza dell’idioma siciliano è unica. Ogni
parola un mondo!
Dici “cafuddati” e subito nell’immaginifico vedi un soggetto
che mangia a crepapelle…
Oppure “camurria”, meravigliosa, ti dà il senso, l’immagine di
colui che corrode lentamente, ma corrode inesorabilmente, onomatopeica oserei
dire….
Ad esempio è una “camurria” il mio capo.
Ed è una “camurria” perché rompe sempre…addirittura controlla
quante volta vado in bagno in ufficio! Poveretto, pensa che ci vada per parlare
con le amiche. Vi giuro non è vero, insomma qualche volta è capitato ma non più
di una, non anzi due volte nell’orario di lavoro. …Poi sta attento a quanti
caffè beviamo, a come siamo vestite, insomma ‘na grossa camurria”! E poi… sempre
così precisino “licchettato”, compiuta parola per descriverlo, mai un capello
sulla giacca o la cravatta allentata .Secondo me si corica con la cravatta,
defeca con la cravatta al collo!
Il pantalone perfettamente stirato, la piega poi…il mio
Franco da quando è con me un pantalone così se lo sogna…ma non credo che gli manchi!!!
Mi alzo e mi guardo allo specchio, sono tutta “rufuliata”? Io sono la rappresentazione vivente della “rufuliata”,
sempre con i capelli arruffati..
Oggi poi con questa “monchiaria”, ovvero mollezza, chi si
pettina? Mi rimetto sul divano e quindi no cucina, no pulizie, no trucco e
parrucco, niente di niente.
Quando verrà Franco capirà. È difficile vivere in una
condizione che non è la nostra, in un Paese che non è il mio…
Oggi mi manca “lu scrusciu du mari”, come direbbe il grande
Maestro Camilleri, l’odore si salsedine, il calore del sole. Sento bisogno di
certezze, e non ne ho, desidero calore umano, e non è possibile.
Mi manca il “cuttigghiu” il pettegolezzo, non quello becero
ma assolutamente innocente scambiato tra amiche guardandoci negli occhi e passeggiando
per le vie affollate. In Sicilia lo chiamiamo lo “struscio” e ti dà la
sensazione del toccarsi, dello accarezzarsi con gli occhi, sfiorarsi con le braccia,
camminando lungo il marciapiede osservando le vetrine e
gli altri….
Oggi il rimpianto per ciò che era è davvero tanto.
Penso a mia madre, è da tempo che non le posso stare accanto…
Mi viene in mente una poesia scritta da una mia amica, recita
così:
“O matri
picchi m’ami?”
“Picchi si
un pezzu du me core!”
“Matri,
picchi cu tia non aiu scantu i nuddru?”
“Picchi ti
criscii intra ammia, e anchi nu lioni chi me mani mazziria pi tia.!”
“Matri u sai
, nun ti lassu pi nenti u munnu. Sempri cu tia vogghiu stari!”
“Figghiu
miu, i to paroli, ‘nto cori mi tegnu,
quannu nu
iornu l’amuri troverai, ci pinsirò e cumpagnia mi faranno”
“Matri , ma
se u me cori è chino d’amuri pi tia
comu pozzu
amari n’ autra?”
“Figghiu miu
chiddru è autru amuri,
forsi i mia nun ti scurderai ma nautru postu mi darai!
Ora veni
figghiu miu,
mbrazzami fotte, m’avi a durare pi sempri sto
ricordu!
Ora le telefono, lo deve sentire
forte il mio amore…
Ciao amiche!
#iorestoacasa
Nessun commento:
Posta un commento